Ministero ordinato tra maturità affettiva e genere?

 

 



Il genere non è il problema. La cultura misogina, le tendenze irrispettose del sesso femminile a tutti i livelli, le complicità ambigue "fraterne", sono il vero vulnus. Con un espressione infelice (ma che ha imparato "da noi altri") papa Francesco rimette il dito nelle vecchie piaghe che tanto vecchie non sono.



Umberto Rosario Del Giudice

 

L’espressione che sarebbe stata usata da papa Francesco in occasione di un incontro con oltre duecento vescovi italiani[1], può apparire insolita, offensiva o di disprezzo.

 

Il termine “frociagine”, riportato non si sa da chi (e mai probabilmente si saprà), risulta insolito sulla bocca di un prelato e tanto più di un papa. Tuttavia, è chiaro che, se io dovessi parlare a un gruppo di argentini, userei le parole e i termini che mi hanno insegnato lì. Quindi il termine Francesco l’ha imparato “da noi altri”[2].

Quindi tanto insolito non è.

Non è neanche offensivo o dispregiativo. A mio avviso il Papa, infatti, ha usato quel termine per due scopi: per ribadire le indicazioni normative vigenti e per richiamare sull’attenzione di una scarsa maturità affettiva in generale.

Su questo si può ragionare in due modi: da una parte, l’omosessualità non è un impedimento di per sé all’ordine. E su questo la normativa va rivista sebbene le indicazioni del 2005 siano chiare e considerino solo un atteggiamento profondamente radicato che potrebbe essere da ostacolo ad un equilibrio interiore:

«la Chiesa, […], non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l'omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay»[3].

Da questa impostazione risulta chiaro che non è la tendenza omosessuale in sé a far problema, ma quella che è espressa come “profondamente radicato” anche in relazione agli “atti omosessuali”[4], ma visto che vi è l’obbligo della continenza o (per gli ordinati di rito orientali) la fedeltà nel matrimonio, la questione sarebbe irrilevante al fine dell’ordinazione.

Cosa dunque emerge?

La necessità di una maturità affettiva quanto mai urgente!

Ma questo va chiarito.

Il ministero non dovrebbe escludere per sesso o per scelta identitaria o per scelta matrimoniale. Il ministero dovrebbe avere due elementi essenziali di discernimento: la fede praticata e l’equilibrio affettivo sempre ricercato.

E da questi elementi non si può escludere né chi dichiara o vive un’identità omosessuale equilibrata, né chi vive l’eterosessualità con vocazione matrimoniale.

L’equilibrio affettivo relazionale è essenziale e necessario al ministero. Esso andrebbe ricercato da tutti i cristiani: un luogo preminente di recupero di questa dimensione intima profonda sarebbe la Confermazione e la Eucaristia come luoghi esperienziali dell’iniziazione cristiana che aiutano a vivere pienamente la propria profonda intimità.

 

Non è una questione di identità di genere ma di equilibrio psico-affettivo. E papa Francesco questo lo sa molto bene e lo ha detto ai vescovi “italiani” e una ragione ci sarà.

L’incomprensibilità delle parole di papa Francesco non è forse un sintomo di altro?

Per lungo tempo le sacrestie sono stati salotti di parole misogine e poco edificanti che riflettono l’immagine di posizioni disequilibrate.

E su questo bisogna intervenire.



[2] Trovo molto equilibrato il giudizio di Pierlugi Consorti che sulla sua pagina Facebook (28 maggio) scrive: «Non è forse opportuno commentare il presunto linguaggio volgare di un anziano che si esprime in una lingua diversa dalla propria, contando peraltro sulla riservatezza dei suoi interlocutori. Per questo sorvolo sul vocabolario e provo a dire due cose diverse.

 La prima: esprimo simpatia verso un anziano vescovo di Roma, ormai esperto di cose romane, che parla apertamente con un centinaio di vescovi pensando che siano suoi fidati collaboratori. Questa idea evangelica della Chiesa, fuori dalla realtà, lascia speranza. Santa ingenuità. Speriamo abbia ragione lui.

La seconda: sarebbe ora di finirla con questa ridicola discriminazione ecclesiastica basata sul genere e l'orientamento sessuale. Una vera e propria fissazione sessuofobica che si traduce in una discriminazione di stampo clericale fuori dalla storia e antievangelica.

In attesa di ripensare a fondo il ministero ordinato, potremmo cominciare a chiudere i seminari. In Europa, peraltro, si farebbe molto presto.

(Con cosa sostituirli non chiedetelo a me, ci sono esperti che potrebbero ragionarci a fondo)». Cfr. https://www.facebook.com/pierluigi.consorti.9

[3] Istruzione della Congregazione per l'Educazione Cattolica circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri, 2, 2. URL: https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccatheduc/documents/rc_con_ccatheduc_doc_20051104_istruzione_it.html#_ftnref10

[4] Che «vengono presentati come peccati gravi. La Tradizione li ha costantemente considerati come intrinsecamente immorali e contrari alla legge naturale». Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale, 2, 4.


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