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Visualizzazione dei post da luglio, 2021

Il rito “non abrogato” è “obrogato”? Quando un solo iota cambia la liturgia

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  In questi anni si è detto di tutto sul vigente rito della Messa e spesso neanche le Congregazioni sono venute in aiuto alla comprensione dei dati giuridici. C’è chi vuole mantenere l’ambiguità, chi evita di metterla in luce e chi, e sono tanti, dimenticano alcune caratteristiche del diritto canonico. Il Rito della Messa vigente è uno, ed è sempre stato uno, fin dal 1969.   Umberto Rosario Del Giudice   Nel 1984 è stato permesso l’uso del messale pubblicato nel 1962 (prima del Concilio Vaticano II): un’edizione rivista che, all’indomani del Concilio Vaticano II e dal 1969 [1] , divenne difatti un Ordo passato, un Vetus Ordo (VO). L’unico Ordo vigente rimaneva quello promulgato nel 1969 e obbligatorio dal 1970 [2] , oggi alla sua terza edizione tipica (1969, 1975 e 2002) e che qualcuno continua a chiamare, forse impropriamente,  Novus Ordo (NO), lì dove però “novus” sta per  “rinnovato”, “riformato”, “ultimo”: ma di Ordo ce n’è solo uno, quello vigente. Com’è noto al fine

Tradizione chiara e opportunità ecclesiale. Sul motu proprio Traditionis Custodes

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  «La facoltà, concessa con indulto della Congregazione per il Culto Divino nel 1984 e confermata da san Giovanni Paolo II nel Motu proprio Ecclesia Dei del 1988, era soprattutto motivata dalla volontà di favorire la ricomposizione dello scisma con il movimento guidato da Mons. Lefebvre. La richiesta, rivolta ai Vescovi, di accogliere con generosità le “giuste aspirazioni” dei fedeli che domandavano l’uso di quel Messale, aveva dunque una ragione ecclesiale di ricomposizione dell’unità della Chiesa». Francesco     Umberto Rosario Del Giudice Oggi papa Francesco ha scritto e ha chiarito il perché della possibilità del rito “extraordinario” e perché oggi qualcosa va cambiato. Due lettere, un’intenzione: il motu proprio pubblicato oggi, dal titolo Traditionis Custodes (poi TC ) e la lettera di Presentazione . A molti già era chiaro che le giuste aspirazioni erano mutate in pessime presunzioni , sul rito e sulla dottrina. Ora, le lettere fanno un po’ di chiarezza. Ripercorr

“Grazie Signore che ci hai dato il calcio”. L’urlo liberatorio come densità rituale

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    Al termine della lotteria dei rigori, Fabio Caressa esplode in un commento che mette insieme fede, calcio e… esultanza [1] . Un atto liberatorio di “salvezza” e di “vittoria” molto poco simile, purtroppo, al “ rendiamo grazie a Dio ” a liturgia compiuta. Cosa manca? Pastasciutta?   Umberto Rosario Del Giudice Accostare evento sportivo e rito è relativamente semplice se si pensa agli studi di antropologia culturale. Ma riesaminare brevemente i fatti, ci aiuta a guardare le nostre liturgie con una precomprensione in più che può diventare una opportunità di riflessione: senza tralasciare pudore e compostezza, le liturgie hanno bisogno di non dimenticare emozioni e mediazioni, oltre la preoccupazione individualistica e soggettivistica del culto dovuto, pubblico, integrale e interiore. Le emozioni e gli scopi comuni crano più significati di mille catechismi. Provo a spiegarlo così.   Un’esperienza autobiografica L’11 luglio di trentanove anni fa ero a casa di mia nonna. È inutile dire c