Stare con i sensi e percepire la realtà
Note di riflessioni
XV Domenica del tempo ordinario (Anno A)
Vincent van
Gogh, Seminatore al tramonto, 1888, olio su tela, 64×80,5 cm, Museo
Kröller-Müller
Umberto
Rosario Del Giudice
I nostri
sensi, il tatto, il gusto, la vista, l’udito, possono modificarci. Sono capaci
di indirizzare la nostra giornata. Un buon piatto, un buon odore, un bel panorama,
possono “aprirci il cuore”.
Ma è vero
anche il contrario: lo stato psichico provoca un cambiamento delle condizioni fisiche.
Rimane il
fatto che sensi e stato psichico si influenzano vicendevolmente.
Chiedo spesso
ai miei studenti di dirmi dove “finisce l’anima e dove inizia il corpo, e
viceversa”. Il dualismo corpo-anima introdotto per motivi storici e di dottrina
rischia di far perdere la comprensione totale della nostra unità essenziale: noi
siamo tutto, sensi e stato psichico. Noi siamo il nostro corpo che sente e che
dà un senso alla realtà attraverso processi neurologici (che pure sono sempre in
qualche modo legati al “corpo che siamo”).
Lo stato psichico
e i sensi configurano insieme tutto il nostro modo di percepire la realtà e darle
senso.
Senza dubbio,
dunque, l’azione della mente può manifestarsi nel mondo fisico e viceversa. Per
questo, la percezione della realtà passa anche attraverso i nostri stati psichici.
In qualche
modo, è quello che afferma il vangelo di Mt 13, 1-23: in questa pericope,
sebbene il protagonista sia il seminatore, rimane centrale il rapporto tra “seme”
e “frutto”, tra “percezione” e “raccolto”…
Il contesto
storico in cui la narrazione di Matteo ha visto la luce può aiutarci: l’evangelista
vuole evidenziare la possibile e necessaria accoglienza dell’annuncio della
parola evangelica, da una parte, e le tensioni politiche, storiche e personali,
vissute dalle comunità, dall’altra.
Ma la
narrazione non si arresta su “raccomandazioni” paternalistiche e legalistiche:
al contrario, essa vuole aprire alla speranza.
Il cambio si
ha col v. 16 che riprende Isaia e dichiara:
«Ma i vostri
occhi sono beati, perché vedono
e (così) le
vostre orecchie, perché odono!».
È una svolta
perché vuole dare uno sfondo di speranza, di “beatitudine” in cui percepire
meglio la realtà: la vicinanza e la presenza del “regno dei cieli”. Il testo dunque
non vuole moralisticamente evocare attenzione alla fedeltà di ascolto né vuole
essere “legalistico” (“è doveroso stare attenti alla Parola…”): non è questa l’intenzione
di Matteo.
Al contrario,
offre la certezza che non è lo sforzo personale a dare i frutti ma è la presenza
del Cristo, che esce, siede, insegna, esorta, a
produrre frutti; è lui l’affidabile, il seminatore accorto e generoso. Il
Salmo 64 ci aiuta a esclamare: «Il fiume di Dio è gonfio di acque… //. Coroni
l’anno con i tuoi benefici, / i tuoi solchi stillano abbondanza». E la prima
lettura conferma che la Parola: «non ritornerà a me senza effetto, / senza aver
operato ciò che desidero / e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (cfr.
Is 55,10-11).
Anche la tradizione
delle prime comunità interpreta in questo senso il testo. Le Odi di Salomone
fanno dire al Gesù: «Ho seminato i miei frutti nei cuori e li ho trasformati
attraverso me stesso»; e Cirillo di Alessandria dichiara: «È lui stesso [il Cristo]
che semina ogni bene e noi siamo il suo campo; mediante lui e da lui viene ogni
frutto spirituale».
Lo “sforzo”
è quello della speranza attenta che percepisce la propria storia nella presenza
e nell’agire di Dio, un’azione in cui viviamo e accogliamo che noi chiamiamo “grazia”
ovvero il possesso delle “primizie dello Spirito”.
In questa “speranza”
occhi, orecchi, sensi, percepiscono la realtà in modo più coerente con l’azione
del Cristo. Lo “stato psichico” accompagna e sostiene i sensi attraverso cui si
vive nella percezione della Parola.
E se proprio
bisogna usare una certa terminologia si può anche dire che “stato psichico” e “sensi
attenti” accompagnano e sostengono lo “stato di grazia”, e viceversa… Ma della
presenza del “seme”, nessuno potrà mai dubitare. E ognuno crescerà in questa
consapevolezza, e ascolterà, vedrà, sarà “beato”…
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