Maria Maddalena e quel “non mi toccare”…

 



 «Ma come leggi quel “noli me tangere”?». Mi è stato chiesto un piccolo approfondimento sul passo giovanneo che ha assorbito tante e forse troppe attenzioni. Propongo una breve interpretazione.

 


 

Giotto, Noli me tangere. La resurrezione di Cristo, affresco Cappella degli Scrovegni


Umberto Rosario Del Giudice


In occasione della Festa liturgica di oggi, dedicata alla bella e importante figura di Maria Maddalena mi è stato chiesto un piccolo approfondimento sul quel “non mi toccare”. Spero di rispondere adeguatamente anche se in modo breve.

Non si può sicuramente tacere sulla figura di Maria Maddalena, donna che compare sempre al primo posto nei pochi elenchi di discepole e prima apostola degli apostoli (cfr. Tommaso d’Aquino, In Ioannem Evangelistam Expositio, c. XX, L. III, 6), di cui si è scritto molto.

 

La curiosità però oggi cade su quel “noli me tangere”.

Provo a dare una breve interpretazione.

Ecco la frase intera e il suo contesto (traduzione CEI 2008):

[dopo che alcuni discepoli tornarono a casa]

«11Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto”. 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. 16Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì!” - che significa: “Maestro!”. 17Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. 18Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: “Ho visto il Signore!” e ciò che le aveva detto».

 

Va detto innanzitutto che il non mi trattenere, qui secondo la traduzione della CEI 2008, vuole tradurre “μή μου πτου” (me mu aptu) dove il verbo ἅπτειν (aptein) è stato tradotto con “trattenere” sebbene abbia tanti altri significati. Tuttavia, i traduttori sono convinti di dover rendere l’idea di “trattenuta” ovvero di “attaccarsi”, di “toccare”, “stringere”, “abbracciare”, “afferrare”, oppure “occuparsi di qualcuna o di qualcosa”.

Quale significato dare?

Gli interpreti moderni si sono orientati prevalentemente su due tipi di possibili spiegazioni:

-         da una parte Gesù inviterebbe a un nuovo livello di rapporto verso di due a un ordine nuovo di relazione (tra questi commentatori Bultmann, Sanders e altri);

-         ma un cospicuo numero di commentatori rilegge questa frase di Gesù alla luce di quanto viene immediatamente dopo, ovvero la frase “ma va dai miei fratelli” (Lagrange, Gnilka, ad esempio, e tanti altri).

 

Vi è poi chi mette insieme questi due livelli proponendo un’interpretazione sia sul piano del nuovo ordine inaugurato con la resurrezione che, al tempo stesso, chiede immediata evangelizzazione (Segalla, Brown…).

 

Personalmente sono persuaso, Come afferma Brown, che è stato (ed è) davvero un peccato dedicare tanta attenzione al significato di questo non aggrapparti a me poiché il vero accento va a posto sul contesto immediato della scena.

Proviamo ad immaginare la scena e il contesto.

Gesù è risorto e la prima persona che lo riconosce, dopo che egli l'ha chiamata per nome (“Maria!”), è pervasa di una reazione del tutto giustificata: Maria lo abbraccia[1], lo tocca riscoprendolo vivo e forse emozionata non si sta ponendo domande ma è esterrefatta di ciò che sta vivendo. Il suo (caro) maestro (rabbunì) è di nuovo lì con lei.

In questa comprensibilmente forte è alta tensione, in cui il redattore vuole sia coinvolto il lettore o l’ascoltatore, la tensione ricade sull’indicazione di Gesù: “va dai miei fratelli”[2]. La narrazione, dunque, si sposta totalmente sulla necessità di portare il nuovo messaggio agli altri discepoli. Il vero centro di questa frase, dunque, non è il “non toccare” ma l’invito perentorio “va”.

È dunque plausibile non leggere in questa scena evangelica un ordine che investa le nuove relazioni del risorto né la sua tangibilità o non tangibilità e dei suoi “segni” (così Bultmann). La dinamica è spostata sulla necessità di fare presto anche perché il Cristo risorto, come lui stesso afferma, non è ancora “asceso al Padre” ma presto lo farà. E questa indicazione aumenta la necessità di “fare presto”. Dal punto di vista della narrazione evangelica, e quindi dell’ascoltatore o del lettore, la gioia sorprendente dell’annuncio della passione va a sposarsi con lo slancio missionario e con la novità del kerigma.

A questo punto sembra chiaro che gli articolati commenti sui diversi livelli di vita (quella del risorto e quella degli altri) o su una presunta indicazione pudica del Cristo (“non toccarmi…”), non si sposano con la dinamica evangelica: qui al centro c’è la necessità di fare presto usando la forza della novità del risorto come energia profonda verso le esigenze della evangelizzazione.

D’altra parte, è molto poco credibile un Gesù risorto che si preoccupa di regole e di livelli esistenziali diversi. Gesù non vuole negare la possibilità di un abbraccio ma ritiene più urgente occuparsi “dei suoi fratelli” che non sanno ancora nulla permanendo in uno stato di tristezza e confusione. È risorto e sa, secondo la dinamica narrativa evangelica, che bisogna fare presto prima che lui possa entrare definitivamente in un’altra dimensione.

Allora il “non mi toccare” può essere tranquillamente tradotto con un “non attardarsi”, “non temporeggiare”, “non esitare”.

Ma avendo la frase un pronome al suo interno può anche essere tradotta con un semplice “non mi trattenere abbracciandomi”, che denuncia al tempo stesso che Gesù si è lasciato abbracciare senza moltiplicare e contestare la reazione di Maria ma che aveva in cuore la necessità di avvisare attraverso di lei “i suoi fratelli”.

In questo senso anche la rappresentazione di Giotto nella Cappella degli Scrovegni che raffigura un Gesù distaccato e una Maria accovacciata risulta plasticamente poco credibile.

La scena evangelica dice che i due si sono abbracciati perché Maria non poteva trattenersi e che Gesù l’ha lasciata fare ma che, al tempo stesso, ha voluto inviarla immediatamente, per non perdere altro tempo, a dissolvere la paura e l’angoscia dei fratelli.

Una scena emotivamente molto forte.

 

 



[1] Maria abbraccia Gesù forse come aveva fatto altre volte e in altre circostanze? O forse è spontanea reazione chi di avrebbe sempre voluto abbracciarlo e non l’ha mai fatto? O nulla di tutto questo? Non è dato saperlo poiché il racconto evangelico è preoccupato di tramandarci altro.

[2] Non entro nel merito dell’aggettivo possessivo riferito a fratelli.

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