Il bisogno di autonomie didattiche senza ideologie cieche

 


A margine delle prossime decisioni (non cieche) dei Collegi docenti rispetto alla percentuale da destinare alla didattica a distanza 

Umberto R. Del Giudice

 

Nell’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per le ulteriori disposizioni attuative del Decreto 19/2020, si legge che gli istituti scolastici possono incrementare il ricorso alla didattica a distanza per una quota pari almeno al 75% delle ore curriculari.

Il ragionamento del Governo sembra netto e limpido: le indicazioni, in continuità col Decreto di marzo,  sono date e per tutto il territorio nazionale rimandando alle autonomie ulteriori specificità. Va ribadito che i DPCM hanno piena e legittima autorità (come specificato dal D.L.vo 1/2018 agli artt. 24 e 25)

A questo proposito, e alla luce delle reazioni di questi ultimi giorni, propongo due brevissime riflessioni: sulle indicazioni della percentuale da destinare alla didattica a distanza e sul concetto di "autonomie".

L’indicazione della percentuale delle ore contenuta nel DPCM non può essere in alcun modo considerata come un massimo irrilevante. la percentuale del 75% è un’indicazione utile e minima del Governo per tutto il territorio nazionale. Tale indicazione è data da un’autorità che deve pensare e che deve legiferare per tutti i territori italiani, dalla Val di Vizze in Vipiteno alla Valle dei Templi di Agrigento.

Interpretare questa indicazione come un massimo possibile o irrilevante, ovvero, come se si dovesse assicurare non più del 75% delle ore in didattica a distanza, è decisamente fuorviante dal punto di vista della legittimità di ogni ulteriore decisione.

Inoltre sarebbe oltre modo fuorviante interpretare quella indicazione nel senso opposto: ovvero assicurare minimo 25% di ore didattica in presenza. Il DPCM va interpretato in base alla sua ratio chiaramente espressa dalle parole usate e dai riferimenti normativi citati: il Decreto amministrativo del Presidente del Consiglio dei Ministri mira a imporre delle restrizioni in base a dei dati determinati in relazione alla fase epidemica che sta investendo tutto il Paese anche se con differenze territoriali e locali enormi. Ragion per cui interpretare il 75% come un massimo o un confine oltre il quale non andare, è falso rispetto alla funzionalità dello stesso Decreto. Ed è falso anche sostenere il contrario: che il Decreto voglia garantire almeno il 25% di lezione presenza. Una percentuale questa che in realtà non appare nel testo del DPCM.

Non si tende infatti garantire il minimo delle ore da passare a scuola ma imporre restrizioni alla didattica in presenza. In questa fase di emergenza poi ogni altra riflessione sulla bontà delle metodologie didattiche e delle sue forme appare fuori luogo come appare fuori luogo il mettere sullo stesso piano il diritto allo studio e il diritto alla salute. È evidente che questi due princìpi garantiti dalla nostra Costituzione conservano la loro pari dignità e hanno bisogno di articolazioni serie: ma la crisi pandemica sospende le priorità non dal punto di vista ideologico ma dal punto di vista delle prassi locali. Il diritto alla salute e il diritto allo studio non vivono nel mondo delle idee iperuraniche: né ora né mai.

È chiaro dunque che ulteriori indicazioni e norme Regionali, Comunali o Scolastiche non possono oltrepassare la mens dell’atto amministrativo né lo stato d’emergenza, pur nella propria autonomia. Da qui la seconda riflessione: la questione relativa all’autonomia.

 

Ho già scritto rispetto ai principi che dovrebbero guidare nella autonomia le decisioni dei Collegi docenti e dei Dirigenti scolastici. Qui basterà aggiungere alcune note.

Il concetto di autonomie sancite sia dalla riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione sia, per la Scuola, dal Regolamento recante norme in materia di autonomia alle istruzioni scolastiche approvato mediante il DPR n. 275 dell’8 marzo 1999 con il quale si definisce definitivamente l’autonomia scolastica (che ha i suoi presupposti nella Legge Misasi del 1973…) e la conseguente ovvero presupposta personalità giuridica delle unità scolastiche, descrivno le competenze specifiche delle Regioni in materia di autonomia costituzionale sia le competenze degli organi scolastici in materia di autonomia scolastica: nella fattispecie entrambe queste autonomie sono chiamate a decidere rispetto al Decreto generale e ai contesti vivi. Decidere, infatti, evocando autonomia senza correlare questa a immediati contesti regionali, metropolitani e scolastici determina l’uso ideologico del concetto stesso di autonomia: nessuno autonomia si dà senza contesti e senza i luoghi le idee perdono senso.

Ora, se è vero che il Governo ha deciso per tutto il territorio nazionale e altrettanto vero che ciascun ente scolastico debba decidere nella fattispecie per le dinamiche e in base ai dati emergenti dalla vita della comunità scolastica di cui è responsabile. Non è la stessa cosa decidere per la scuola di Campoli in Benevento (che non registra alcun caso) o per un Liceo che ha già casi accertati e intere classi in quarantenza. Né è la stessa cosa decidere per luoghi dov’è appurato che i contagi sono per lo più a trasmissione familiare rispetto a quelle comunità scolastiche che hanno visto l’impennata dei contagi proprio a venti giorni dal rientro in classe…

Bisogna decidere guardando la realtà immediata. Ogni altra decisione presa in riferimento solo al concetto di autonomia o ad una presunta qualità didattica e senza relazione immediata con i contesti specifici non solo è una decisione avulsa dalla realtà ma contorce la realtà stessa come anche la volontà preventiva del DPCM.

I Collegi docenti, dunque, come anche i Dirigenti scolastici in riferimento al Monte ore da destinare alla didattica a distanza non dovranno fare riferimento alla sola giusta e buona “autonomia” o alle sole direttive del “Decreto generale” interpretandolo in modo riduzionistico rispetto alle esigenze della didattica: essi dovranno usare l’una e l’altro per dare una risposta ai contesti concreti.

Senza quest’ultimi le risposte saranno solo ideologiche e favorevoli alla strumentalizzazione delle riflessioni pur serie e buone circa l’autonomia (di cui usiamo sempre poco rispetto ad altro) sia circa la metodologia didattica.

Sicuramente le decisioni dei Collegi docenti metteranno insieme garanzie per lo studio e dati reali manifestandosi giusti, autonomi e senza cecità: di questo tutti, genitori e docenti, ne siamo (e ne vogliamo essere) sicuri.


 

 


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