Cuori indivisi che non condividono…
Cuori indivisi che non condividono
Umberto Rosario Del Giudice
Il libro From
the Depths of Our Hearts. Priesthood, Celibacy and the Crisis of the Catholic
Church, a doppia firma (perché tale rimarrà), annunciato anche in
italiano, sta suscitando non poche riflessioni ed è così presentato sul sito
ufficiale della casa editrice:
«The Catholic Church faces a major crisis
and the turmoil in priestly ministry is at the heart of it. “The priesthood is
going through a dark time,” write Pope Emeritus Benedict and Cardinal Robert
Sarah. “Wounded by the revelation of so many scandals, disconcerted by the
constant questioning of their consecrated celibacy, many priests are tempted by
the thought of giving up and abandoning everything.”
In this book, Pope Emeritus Benedict and
Cardinal Robert Sarah give their brother priests and the whole Church a message
of hope. They honestly address the spiritual challenges faced by priests today,
including struggles of celibacy. They point to deeper conversion to Jesus
Christ as the key to faithful and fruitful priestly ministry and church reform.
From the Depths of Our Hearts is an
unprecedented work by the Pope Emeritus and a Cardinal serving in the Vatican.
As bishops, they write “in a spirit of filial obedience” to Pope Francis, who
has said, “I think that celibacy is a gift for the Church… I don’t agree with
allowing optional celibacy, no.”
Responding to calls for refashioning the
priesthood, including proposals from the Amazonian Synod, two wise, spiritually
astute pastors explain the biblical and spiritual role of the priesthood,
celibacy, and genuine priestly ministry. Drawing on Vatican II, they present
priestly celibacy as more than “a mere precept of ecclesiastical law”. They
insist that renewal of the Church is bound to a renewed understanding of
priestly vocation as sharing in Jesus’ priestly identity as Bridegroom of the
Church» (URL: https://www.ignatius.com/From-the-Depths-of-Our-Hearts-P3550.aspx consultato il 15 gennaio 2020).
Ecco alcuni punti interessanti della presentazione (nell’attesa
di leggere il libro).
Si parla di “una grave crisi” (a
major crisis) riferita soprattutto alla comprensione del ministero
sacerdotale che vive un “tumulto” (turmoil). Il momento oscuro della
Chiesa sarebbe in continuità col momento oscuro (dark time) che sta vivendo
il ministero ordinato. Dunque, la Chiesa sarebbe in crisi mentre la vita ecclesiale
della Chiesa dipenderebbe dal modo in cui si intende il sacerdozio.
La riflessione sul sacerdozio, d’altro
canto, sarebbe frutto dei recenti scandali (scandals). In questo
contesto molti sacerdoti subirebbero la “tentazione” di “lasciare tutto” (abandoning
everything).
Il testo vuole suggerire dei
punti fermi in perfetta obbedienza filiale (“in a spirit of filial obedience”…)
tanto da presentare il celibato nel suo aspetto spirituale e soprattutto come elemento
essenziale nella “configurazione a Cristo sacerdote”. Il celibato sarebbe conseguente
e indissolubile alla vocazione sacerdotale: infatti, la vocazione (sacerdotale)
sarebbe “as sharing in Jesus priestly identity as Bridegroom of the Church”.
Alcuni brevi punti su cui riflettere.
1.
Davvero la Chiesa è in crisi?
2.
Davvero la crisi sarebbe legata al (perverso) modo di
intendere il sacerdozio ministeriale?
3.
Davvero il sacerdozio ministeriale sarebbe legato essenzialmente
al celibato?
4.
Davvero poi la vocazione alla “configurazione di Cristo”
è prerogativa del sacerdozio ministeriale?
Le risposte a queste domande credo siano la vera pregiudiziale
ermeneutica con cui ciascuno leggerà il libro (ammesso che ci sarà qualcosa da
leggere…).
Mi piacerebbe potermi dilungare su alcune questioni, ma non
posso per mancanza di tempo. Ma non posso non proporre sinteticamente quanto
segue:
1. La
Chiesa non è in crisi. È un dato di fatto, al contrario, che la Chiesa sia semper
reformanda. La “crisi” la vede chi non accoglie/raccoglie la complessità
della vita. Anzi, la “crisis” (κρίσις) è sempre un’opportunità
e il Papa (non devo specificare chi sia…) sta saggiamente affrontando questo
tempo della Chiesa per continuare, alla luce della Tradizione e del Concilio Vaticano
II (di cui è figlio), una riforma ecclesiale. Se di “crisi” vogliamo parlare è perché
il concetto di crisi porta in sé quelli di “sforzo”, “lavoro”, “discernimento”,
“fatica”. D’altra parte cosa mai dovrebbe fare il Papa? Scrivere appunti senza
il peso di guidare “ora” la Chiesa?
2. Che
l’azione ecclesiale sia intimamente legata con la forza e l’autocomprensione di
coloro che nella Chiesa hanno autorità questo sembra evidente. Tuttavia non è
la “crisi” (cattiva) del sacerdozio ordinato al centro dell’autocomprensione della
Chiesa di oggi. Il vero centro della trasparente identità della Chiesa sta nel
modo in cui quella autorità è agita. Ora se il sacerdozio ministeriale conserva
in sé l’autorità in quanto gli “ordinati” espletano le loro funzioni in
persona Christi capitis, ciò non significa che un modo diverso di intendere
l’autorità sia un attentato all’identità del sacerdozio ministeriale.
3. Qui
poi un’idea che dovrebbe essere chiara. Il sacerdozio ministeriale non è mai
stato, né mai potrà esserlo, “ontologicamente” legato al celibato. Sebbene vada
ricordato e ribadito che il celibato, ovvero la perfetta continenza, sicuramente
sia sempre stata tenuta in singolare onore dalla Chiesa “quale segno e stimolo
della carità e speciale sorgente di spirituale fecondità nel mondo” (A. Neri), va
anche semplicemente riconosciuto che esso non è mai stato essenziale al
ministero ordinato. Lo stesso Ratzinger non solo lo scrisse da giovane teologo,
ma da papa accolse pastori anglicani uxorati e li ordinò diaconi prima e
presbiteri poi. E sarebbe contro il Diritto canonico orientale (e non solo)
affermare il contrario. In realtà la castità è essenziale alla vita consacrata (cfr.
Vita consecrata, 14) e non al ministero ordinato per il quale, invece, è
essenziale l’obbedienza per il servizio della comunione e l’amministrazione dei
sacramenti. In realtà da quanto la vita dei chierici regolari è stata pensata
sempre più sulla stregua di quella dei monaci, la confusione tra cuore indiviso
(castità) e ministero ordinato si è rafforzata sempre più.
4. Ultima
breve considerazione su cui mi sembra inutile dilungarmi. Altro errore che si commette
(dal punto di vista teologico e disciplinare) è quello di assolutizzare la
vocazione al ministero ordinato tanto da relativizzare la vocazione battesimale.
Ma qui basterebbe tornare al calore della luce del Concilio Vaticano II.
Alla luce di quanto qui riportato
mi pongo due domane. La prima è una constatazione: ma dove sono i teologi? Cosa
pensano davvero del ministero ordinato? Il loro silenzio va interpretato come
un lasciare perdere perché tanto è una bolla che sparirà da sola o come cautela
strategica che non ha il coraggio di dire ciò che pensa davvero perché non
capace di argomentare? Allora dove sono i teologi?
Altra questione: se il celibato
serve ad avere un “cuore indiviso” per meglio servire la Chiesa è possibile che
il Card. Sarah e tutti quelli che la pensano come lui sul sacerdozio (Burke,
Brandmuller, Muller… per citare i - pochi - cardinali), tutti celibi, abbiano il cuore così “indiviso” tanto
da non riuscire a “condividere” le riflessioni e le intenzioni di molti altri
loro colleghi, tra cui, scusate se è poco, l’attuale vescovo di Roma? Insomma, sembra
proprio che il loro cuore indiviso non riesca a condividere, creando cuori (in)divisi.
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