Il fatto non sussiste: la fede sì.
La messa mattutina in una parrocchia la cui abside moderna offre allo sguardo i mosaici di Ivan Rupnik mi offre lo spunto di una riflessione sulla fede che di per sé pone sotto lo sguardo di Dio tutto senza ricorrere ad azioni iconoclaste. E questo mi rimanda ai fatti di Parigi. Spiego il perché.
(Parrocchia Maria SS. Immacolata – Qualiano)
Umberto Rosario Del Giudice
I fatti delle cerimonie in breve
All’indomani dalla messa in scena dello spettacolo d’inaugurazione
delle Olimpiadi di Parigi 2024, si sono schierati pareri contrastanti.
Da una parte, i media registrano grande
entusiasmo per la cerimonia di apertura ad opera di Thomas Jolly, attore
francese e direttore artistico delle cerimonie per i giochi olimpici. Dall’altra,
la Conférence des évêques de France (CEF) ha
diramato un comunicato in cui, pur apprezzando la bellezza di alcuni passaggi
dei dodici tableaux attorno i quali era strutturata la cerimonia d’apertura («merveilleux
moments de beauté, d’allégresse, riches en émotions et universellement salués»),
deplora “des scènes de dérision et de moquerie du christianisme” (nessun
riferimento all’Ultima cena).
La dichiarazione dei Vescovi è stata però subito usata anche
dal punto di vista politico: un particolare di non poca importanza anche per
capire a chi possa (dal punto di vista elettorale) tornare utile l’inasprimento
degli animi.
Ma i cristiani non possono lasciarsi strumentalizzare dalla
politica né dalle opposizioni viziose o viziate.
Se “oltraggio” ci fu
I Vescovi francesi hanno denunciato alcune scene “di
derisione e scherno del cristianesimo” («des scènes de dérision et de
moquerie du christianisme»).
Ma ci fu “derisione” e “presa in giro”? Tra i tableaux si nascondeva
l’intenzione di una “moquerie de la religion chrétienne”?
Per avere un “reato” e in specie quello di “vilipendio” o
almeno “oltraggio” di fede religiosa o di oggetti di culto si richiede almeno
la volontà di offendere una fede e l’uso offensivo di oggetti di
culto con la distruzione o la dispersione o altra azione tesa a rendere “inutile”
l’oggetto di culto.
Se non c’è stata (come dichiarato da più parti) l’intenzione di
offendere il cristianesimo direttamente nella sua narrazione (anche estetica e
artistica) della, non citata dai vescovi francesi, Ultima cena, e se nessuno
oggetto di culto è stato distrutto o vituperato in qualche modo, semplicemente
il “fatto non sussiste”.
Se fossi stato un Vescovo francese, e solo per chiarire e per
evitare uno scontro iniziato capziosamente sui social (soprattutto con evidenti
reazioni politiche), avrei prima chiesto un’esplicita dichiarazione sulle
intenzioni della narrazione. D’altra parte, si sa, il “volgo” va dietro i “rivoluzionari”.
Come da più parti è stato ricordato, la narrazione di quelle
scene voleva riprendere l’immagine del banchetto degli dèi sul monte Olimpo e
che rimanda solo nel nome alla città greca di Olimpia, nell’Elide, da cui i giochi
olimpici.
Che quel tipo di rappresentazione possa o meno incontrare il
gusto o scontrarsi con la sensibilità estetica ed etica degli spettatori, questo
è altro dato.
La fede che sussiste
Se il “fatto non sussiste” come oltraggio, ciò che rimane è
la fede della comunità cristiana. Essa è e deve essere capace di “purificare”,
di “elaborare”, di “salvare”, ciò che è salvabile, ovvero ciò che è legato alle
persone. D’altra parte, nei vangeli è presente il rimando alla fede come vissuto
che “salva” (cf Mc 5, 34; 10, 52; Lc 7, 50; 8, 48; 17, 19; 18, 42).
Questa fede se non è capace di “salvare” e di incontrare la “salvezza”
produrrà atteggiamenti iconoclastici come reazione a tutto ciò che non riesce a
sopportare. E se non si condivide la vita e le scelte altrui, si distrugge
tutto ciò che l’altro ha fatto, pensato, prodotto. Così qualche tempo fa era
emersa la volontà di “rimuovere” tutti i mosaici di Ivan Rupnik per le note
accuse di violenza sessuale.
Ora, i mosaici di Rupnik, ovvero della sua “scuola”, possono
anche non piacere (i tratti dei volti delle sue opere già da tempo non incontravano
la sensibilità di molti) ma non per questo non sono stati reputati da più parti
“opere d’arte” e, nella fattispecie, “opere d’arte sacra” in riferimento ai
soggetti religiosi.
Dovremmo ora distruggere e rimuovere i mosaici di Rupnik? Non
credo che una reazione “iconoclasta” sia utile, necessaria, opportuna ma
soprattutto rispettosa della fede stessa. La fede cristiana, in cui la comunità
vive, è capace di “guardare il bello oltre il brutto”: è capace di sperare, di raccogliere,
di portare a compimento.
In questa fede la comunità può non avere la necessità di
distruggere opere nate da vite non “cristiane” e può anche riuscire a
evidenziare il bello, a sostenere il dialogo, a realizzare il confronto utile
(e non strumentalizzato), a tracciare vie comuni, perché, la fede, se è tale, non
ha paura di ciò che può minacciarla a meno che non debba difendersi perché
debole.
Rispetto ai fatti i Parigi, una fede cristiana è capace di apprezzare
il bello e di non scandalizzarsi per ciò che non condivide supportando ciò che
può unire.
Come ha affermato un prete francese, la sensibilità cattolica
si è sentita “colpita” in tre elementi: la Cena, la donna e l’amore.
La fede cristiana dovrà proprio in questi tre elementi
essenziali ripensare il suo approccio critico con la modernità e non attraverso
una reazione scomposta iconoclasta ma nella serenità di apprezzare le persone e
la cultura umana, al di là del trash. Sembra che la fede non sia stata ancora
capace di rielaborare il rimando al dionisiaco di nietzschiana memoria propria
della sensibilità contemporanea e ostentata; l’unico rimedio lo trova
nella contrapposizione pregiudizievole. Non riesce a capire e diventa ostile.
Questo è apparso.
Se la fede non è capace di supportare il buono e il bello non
saprà neanche sostenere il vero rischiando di divenire un “vilipendio” di sé
stessa; un po’ reazionaria, un po’ iconoclasta, un po’ trash.
Eppure, la fede cristiana sussiste contro il cattivo gusto
delle ideologie ostili alimentate fuori e dentro la comunità di fede.
Proprio così, sono d' accordo con te, anche da studiosa di arte.
RispondiEliminaGrazie per questa riflessione nella quale mi sento completamente rappresentato!
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