Tommaso: un gigante da liberare “pro veritate rei”

 

Tommaso d’Aquino è stato senza dubbio un grande pensatore che ha offerto una struttura analitica dell’ordine esistenziale teologicamente fondato. Un “gigante” che troppo spesso viene usato senza essere compreso: un gigante, che curava la verità delle cose, da “liberare” dai “falsi tomismi”.
 

Umberto Rosario Del Giudice

 

L’insistenza con la quale il magistero della Chiesa ha sostenuto e “adottato” il pensiero tomista, capace di offrire una struttura teologica affidabile, pur sempre relativa ad “una” possibile teologia, ha ingannato molti che si sono premurati di citare continuamente il frate domenicano senza spesso leggerne le pagine. “Forse” non tutti i teologi che lo citano ne hanno lette tutte le opere (con lo sforzo di confrontarle col testo o almeno coi lemmi latini).

Ne risulta spesso un travisamento del testo ma soprattutto delle intenzioni e del pensiero dello stesso Tommaso.

 

Tommaso: un “gigante libero” e da “liberare”

«Può essere attuale un pensiero che per sua natura non può essere vivo come “filosofia” ma soltanto come “teologia”?». È la domanda che alcuni filosofi hanno posto a fondamento della riflessione contemporanea su Tommaso (Bonino, Ventimiglia, Sessa…). Un dibattito a tratti ancora acceso di cui sarà meglio rimandare ad altre pagine un resoconto rispettoso della complessa vicenda che circonda il “pensiero” di Tommaso.

Una cosa è certa: è difficile parlare di una “filosofia tomistica” senza parlare del contesto storico, del presupposto di fede, della relazione filosofia-teologia che nel XIII secolo andava cristallizzandosi con una forte propensione a subordinare la prima alla seconda. In realtà, Tommaso viveva in uno spazio e in un tempo in cui l’ordine precostituito divino era un “fatto evidente”. Ciò che Tommaso affronterà e scardinerà decisamente è l’ordine gerarchico idealistico. La struttura delle cose rimanda in sé ad altro. E questo è possibile intercettarlo con la “ragione”. Una “ragione” che “è” dentro quest’ordine finalizzato a Dio, da Dio. Una ragione attenta alle “cose”, ovvero alla “verità delle cose”.

In quest’orizzonte va compresa l’intera opera di Tommaso che ha affascinato molti con la sua “bellezza liberata” (cfr. Louis de Wohl, La liberazione del gigante, Milano, 2002). Ci sono dei temi che appaiono di enorme importanza per l’epoca: natura, grazia, soprannaturale, ratio… ambiti nei quali l’Aquinate era davvero un “gigante” e che ricadono nella sua capacità di ricondurli alle “cose” e non alle “idee”.

Le “cose”. Le “cose” così come sono… ecco un tassello grande del gigante del medioevo.

 

Una piccola “cosa” dimenticata…

Nel 1979 l’allora Papa appena eletto, San Giovanni Paolo II, tenne un discorso al Pontificio Ateneo “Angelicum” di Roma.

Nel ricordare la “perenne validità della filosofia di San Tommaso” il Pontefice (il cui discorso, come di consueto, sarà stato redatto con l’aiuto di altri e sottoposto alle ordinarie riletture…) citava lo stesso Angelico descrivendo la preoccupazione dominante della ricerca della verità. Nel discorso è citata la seguente frase di Tommaso: «Studium philosophiæ –scrive l’Aquinate commentando il suo filosofo preferito, Aristotele– non est ad hoc quod sciatur quid homines senserint, sed qualiter se habeat veritas». La citazione rimanda a un testo di Tommaso (citato così in nota: «S. Tommaso, De caelo et mundo, I, lect. 22, ed. R. Spiazzi, n. 228»). 

Caparbiamente, però, sarebbe giusto andare al testo originale (così come è attestato secondo le edizioni critiche) che è il seguente:

«Dicunt autem quidam quod isti pœtæ et philosophi, et præcipue Plato, non sic intellexerunt secundum quod sonat secundum superficiem verborum; sed suam sapientiam volebant quibusdam fabulis et ænigmaticis locutionibus occultare; et quod Aristotelis consuetudo fuit in pluribus non obiicere contra intellectum eorum, qui erat sanus, sed contra verba eorum, ne aliquis ex tali modo loquendi errorem incurreret, sicut dicit Simplicius in commento. Alexander tamen voluit quod Plato et alii antiqui philosophi hoc intellexerunt quod verba eorum exterius sonant; et sic Aristoteles non solum contra verba, sed contra intellectum eorum conatus est argumentari. Quidquid autem horum sit, non est nobis multum curandum: quia studium philosophiæ non est ad hoc quod sciatur quid homines senserint, sed qualiter se habeat veritas rerum». È il commento di Tommaso a Aristotele nella parte del Il cielo e la terra… (In De cælo, lib. 1 l. 22 n. 8).

A parte il contesto particolare ciò che si noterà è che il testo fatto leggere dal Pontefice manca di una semplice parolina “rerum”. Non si tratterebbe dunque della “verità” ma della “verità delle cose”.

Lo stesso testo dell’Allocuzione è citato nelle traduzioni in altre lingue e la traduzione in francese porta addirittura la traduzione anche del testo latino. Ne viene fuori: «L’étude de la philosophie n’a pas pour but de savoir ce que les hommes pensent, mais ce qu’est la vérité».

Chi legge avrà la sensazione che qui si stia parlando della “verità” in sé. Ma il testo dice altro…

Ecco: questa “traduzione” non sarebbe piaciuta a Tommaso, attento alla “verità delle cose”…

 

Conclusione

Usare Tommaso si può purché si faccia con attenzione e senza salti logici.

Uno dei più grandi assertori della validità della filosofia tomista, mons. Inos Biffi, annotava che, nell’ambito della formulazione di “ratio” di Tommaso la ragione è «soggetta a interruzioni e a inceppi [...]. La ragione, che il peccato originale ha dissestato, ha bisogno di essere rimessa nel suo cardine e di ritrovare se stessa integralmente». Lo può fare solo se «la grazia la riporta a se stessa, alla sua purezza originale, alla sua conformità col Verbo divino». Per questo, concludeva Biffi, «per ragionar bene è indispensabile credere molto». Ma in quest’ottica è chiaro che la filosofia tomista presupponga una sistematica teologica e non possa essere una semplice ragione filosofica. Non a caso lo stesso Tommaso, San Tommaso, riteneva, le sue, “vie” per condurre la ragione a Dio e non “razionalità” immediata. Lui, ne era consapevole.

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