Canonisti incensati e ingessati
Sull’intervento del Card. Burke e le disposizioni della Segreteria di Stato
Alla cortese attenzione della Prima Sezione - Affari Generali
A mo’ di dedica, di sostegno aperto e di manifestazione dei bisogni dei fedeli
L’intervento del Card. Burke circa le disposizioni per le celebrazioni nella Basilica di San Pietro rivelano ed evidenziano le inesattezze sostanziali di un “eccellente canonista” come anche una certa approssimazione. Ai rilievi inconsistenti del Cardinale si contrappongono le cattive ma solo formali abitudini di alcuni officiali oltre che il più preoccupante silenzio di canonisti e liturgisti (con poche eccezioni).
Umberto Rosario Del Giudice
Tra disposizioni e reazioni
In questi giorni circolano su
internet commenti a mo’ di levata di scudi contro il Comunicato
circa le disposizioni sulle celebrazioni nella Basilica di San Pietro della
Prima Sezione (Affari Generali) della Segreteria di Stato.
I commenti, come anche le
posizioni assunte, appaiono sempre più un attacco frontale al Pontefice poiché,
a ben vedere, le questioni sono di natura diversa (pastorale-dottrinale) rispetto
a quelle sollevate (giuridico-pratiche).
Si adottano motivazioni
“devozionali individualistiche” propinandole come “dottrina definitiva e assoluta” al
fine di attaccare tutto l’operato del Pontefice.
Appare chiaro, inoltre, che gli
interventi sono più diretti al vasto pubblico che al Pontefice stesso e
formulati più per sobillare gli animi che per riflettere col Vescovo di Roma sulla
dottrina.
Insomma, se si vuole parlare
della dottrina, si faccia pure, ma escludendo animosità, autoritarismo e,
soprattutto, ambiguità dottrinale e giuridica con comunicati ricchi di
presunzione clericalista e approssimazione ideologica per contrastare la
riforma conciliare, saggia e, in parte, incompresa.
Non si sottraggono alla faziosità
stizzita gli interventi di alcuni Prelati che, tra l’altro, sono ormai in
quella fase in cui una buona dose di preghiera quotidiana comunitaria (e non in
veste di “presidente”) potrebbe giovare di più, tanto alla santità della Chiesa
quanto alla propria formazione personale.
Ciononostante, i loro interventi
diventano preziosissimi perché offrono l’opportunità di riprendere i principi
della Riforma e di valutare il quadro normativo tanto sul versante della tradizione
che su quello della liturgia: e, com’è noto, le due cose vanno di pari passo.
A ben vedere, è la solita musica
scordata: alcuni (pochi) prelati “preoccupati” si fanno araldi di un
cattolicesimo stantio, di una religione da museo, di una ritualità
clericocentrica e di un individualismo devozionalista, ricamati più coi
merletti cremisi che con la vitalità della luce battesimale.
Abbandonate le reazioni emotive
(che pure meritano riscontro), bisogna entrare nello specifico in modo
sistematico.
Gli interventi scomposti cui faccio
riferimento sono in particolare quelli del Card. Sarah e quelli del Card.
Burke. Tralasciando le motivazioni del primo (riportate in un comunicato
pubblicato su di un blog in esclusiva, già abilmente commentato
da Andrea Grillo), ricostruisco in breve il pensiero del Prelato
statunitense che, citato insieme ad altri, è ritenuta autorità indiscussa soprattutto
dal punto di vista giuridico-canonico e per questo chiamato, dall’ex Prefetto
del Culto, “eccellente canonista”.
Tralasciando i titoli e i meriti accademici
e la carriera da defensor matrimonii del Card. Raymond Leo Burke (che si
addottora in Diritto canonico nel 1984, forse senza avere il tempo di “riposare”
tra i canoni e lo spirito del Codex Iuris Canonici del 1983), non si può
tacere sul fatto che le sue annotazioni facciano sorgere molteplici perplessità
circa la presunta perizia tecnico-canonistica.
Di seguito illustro un personale
parere ed entro nel merito dei presupposti canonistici citati da Burke. Concludo
con una nota sulla confusione che sembra circolare tra gli estensori di alcuni documenti
in Vaticano, sebbene la forma approssimata degli atti giuridici non riesca a
sottrarre valore sostanziale e autorevole alle decisioni prese e alla loro
opportunità. Insomma, in Vaticano si respira aria di comunità, anche se con
atti giuridicamente non impeccabili, mentre altri ambienti sono erroneamente
preoccupati del valore giuridico e della opportunità pastorale di quelle indicazioni…
L’intervento del Card. Burke
Il cardinale statunitense ha pubblicato
in inglese un comunicato che qui mi accingo a raccogliere ed analizzare
nella versione
italiana, una delle sei traduzioni disponibili sul medesimo sito.
Quest’ultimo particolare, tra l’altro, fa cogliere la volontà strategica di far
circolare lo scritto di Burke nel modo più vasto possibile piuttosto che
cercare il confronto col diretto interessato, il Papa: una prassi poco
“collegiale”.
Il comunicato è stato ripreso poi
da alcuni siti
di informazione con una certa enfasi.
Due gli elementi essenziali del
comunicato di Burke che trovano piena adesione da parte mia: a) la
Basilica di San Pietro è un modello di disciplina liturgica; b)
l’invito, come fedeli, di manifestare le vive preoccupazioni su
questioni che riguardano il bene della Chiesa e dunque (“data la
gravità della situazione rappresentata” a mio avviso proprio dalle
dichiarazioni di Burke, di Sarah, di Zen...) dichiarando appoggio sostanziale alla Segreteria di
Stato, in opposizione a quanto chiesto dal Prelato statunitense.
Le considerazioni sarebbero
tantissime (soprattutto di carattere liturgico-pastorale). Ma, tralasciando le
interpretazioni politico-ecclesiali e dottrinali, riprendo la sostanza
dell’intervento del card. Burke cercando di evidenziare in breve alcuni errori
giuridici e inesattezze sostanziali che non sostengono la sua competente “eccellenza”.
Sintetizzo in pochi punti ciò che è possibile leggere nel Comunicato del Prelato il quale annota ed eccepisce
quanto segue DAL PUNTO DI VISTA DEL DIRITTO CANONICO-AMMINISTRATIVO:
- Il Documento non è firmato e non riporta numero di protocollo (vero, se si considera solo la copia girata in internet).
- Il Documento legifera sulla Santa Messa (falso).
- Il Documento è autentico ma non gode di validità in quanto emesso da autorità non competente (falso).
- La Basilica Papale di San Pietro in Vaticano ha un Cardinale Arciprete che non è stato interpellato (falso).
Il Prelato poi annota ed eccepisce quanto segue DAL PUNTO DI VISTA LITURGICO-PASTORALE:
- Il diritto individuale è connesso con il frutto spirituale per la Chiesa universale (impreciso e fuorviante).
- Nessun sacerdote di regola ha bisogno di autorizzazione per offrire la Santa Messa secondo la forma straordinaria del Rito Romano (impreciso, fuorviante e, nel caso specifico, falso).
Questioni di diritto amministrativo
Il Documento, così come circola
in rete, non è firmato e non riporta numero di protocollo. Questo non contraddice
l’autenticità dell’atto né la sua validità per ammissione dello stesso Burke.
È vero però che appare molto
strano che un documento così importante non sia formalmente ineccepibile. Qui
vanno subito notate due circostanze. La prima: negli ultimi mesi sembra
aleggiare una certa imprecisione tra i consiglieri canonisti in Segreteria di
Stato poiché –fatti di cronaca pura– per molti atti –non solo per questo–
sembra faccia fede la sola pubblicazione su Acta e l’affissione all’Albo nel Cortile di San Damaso: procedura alquanto
inusuale… In altre parole, per la validità dell’atto basterebbe la sola
pubblicazione (all’Albo e nella Rivista ufficiale) senza altre formalità.
L’originale del Decreto, però, per disposizione della stessa autorità è depositato nell’Archivio delle leggi dello Stato della Città del Vaticano e il testo corrispondente pubblicato (appena possibile) sugli Acta Apostolicæ Sedis; nel frattempo il testo è affisso nel cortile di San Damaso alla porta degli uffici del Governatorato e negli Uffici postali dello Stato oltre che essere inviato a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare (con o senza protocollo, sigillo...).
Far circolare (per di più su internet) un documento senza sigillo e senza protocollo non credo sia voluto dalla Segreteria ma un atto deliberato di chi ha divulgato la notizia magari sentendosi defraudato di qualche diritto (individuale). Se poi la Segreteria stessa abbia fatto circolare la Comunicazione in forma “non perfetta”, potrebbe questo essere poco formale e discutibile ma non inefficace dal punto di vista amministrativo. Questo è chiaro a tutti: la forma dell’atto che circola in rete non fa venire meno la performatività oltre che la validità di esso. Tuttavia, la semplicità o anche l’immediatezza con sui si gestiscono alcune questioni è un evidente segno di trasparenza e di serenità, più che di preoccupazione formale e dottrinale. È un bel segno, anche se sarebbe meglio essere precisi nella forma.
Le varie
argomentazioni contro, di carattere amministrativo, diventano un infelice
tentativo di sottrarre quella validità giuridica che l’atto conserva pienamente
e legittimamente.
Circa la competenza del Cardinale Arciprete
Burke segnala che non ci sarebbe
stata nessuna consultazione col Cardinale Arciprete.
Sebbene sembri poco probabile (considerando
lo stile di papa Francesco condotto nel segno della “corresponsabilità”), il
dato, dal punto di vista formale, non è rilevante.
Ma c’è di più: una vera spiegazione
giuridico-formale. Forse al Cardinale d’Oltreoceano non sarà pervenuta la
notizia che mons. Mauro Gambetti, oltre ad avere ben altre e note
preoccupazioni in qualità anche di Vicario generale di Sua Santità per la Città
del Vaticano, inizia il suo mandato in questa Settimana
Santa come specificato da precedente comunicato stampa. Dunque non poteva
formalmente comparire nel comunicato datato 12 marzo.
Qui però c’è da ravvisare
un’altra piccola incongruenza canonistica: la Settimana Santa inizia con
la Domenica delle Palme (ovvero il 28 marzo) mentre il Bollettino che riporta
la data di lunedì 29 marzo non chiarisce il giorno di inizio dell’incarico...
Poco male: in ogni caso l’Arciprete eletto non era formalmente tale il giorno della data del Decreto.
Questo dal punto di vista
amministrativo-canonico.
E la perizia del Card. Burke si
fa sempre meno evidente.
Circa la competenza sulla Basilica
È vero che la Basilica è uno
modello per tutto il mondo, ma non è vero che le disposizioni del Decreto
contraddicano il diritto universale.
Qui il Card. Burke cede
all’approssimazione e non è dato di capire se per confondere le idee
o per ignoranza giuridica: la sua nota perizia impedisce di
pensare a quest’ultima, e la sua devozione non potrebbe far pensare alla prima.
Rimane il mistero…
Per diritto universale –se
proprio dobbiamo richiamarlo–, ovvero secondo il disposto della Summorum
Pontificum ex art. 5 § 5, «nelle chiese che non sono parrocchiali né
conventuali, è compito del Rettore della chiesa concedere la licenza» per la
celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel
1962.
Ci chiediamo: in assenza
dell’Arciprete della Basilica di san Pietro –che in questo caso è paragonabile
almeno giuridicamente ad una Rettoria– chi è competente a rilasciare la
licenza? Ovvero: chi è competente per la Basilica di San Pietro? La risposta
sembra ovvia: semplicemente il Papa, ovvero chi (nella Segreteria di Stato), col
suo parere e mai senza il suo parere, si occupa delle questioni relative la
vita nella Città del Vaticano.
Anche sotto il profilo della
competenza formale, dunque, il card. Burke è in palese errore.
Circa la competenza sulla Liturgia
Il card. Burke si sbaglia e fa
cadere in grave errore anche coloro che leggono il suo (ambiguo) comunicato quando eccepisce alla Segreteria di Stato di aver legiferato su questioni
liturgiche. Niente di più falso.
La competenza a legiferare su culto, rito, libri liturgici e quant’altro è e rimane della Congregazione per
il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti. La Segreteria, come sopra riportato,
non legifera circa il culto ma entra in merito alla licenza circa il rito
extraordinario da celebrare in Basilica di San Pietro.
La Segreteria poi non legifera neanche circa la possibilità o meno di celebrare “con assenza di popolo”. Su questo punto è la Segreteria a rimanere in perfetta continuità col diritto universale mentre il Prelato statunitense rivela di non cogliere neanche la differenza che c’è tra “celebrazione individuale” e la prevista “celebrazione senza il popolo”, pur sempre “ministro assistente”. In realtà la celebrazione della Messa, anche quella prevista secondo il rituale del 1962, prevede almeno un ministro, anche solo uno al quale “porgere la berretta”…
Per poi giustificare alcune
incomprensibili rimandi evocando angeli e santi, il card. Burke, cita un
fantasioso can. 903 (non si comprende se del CIC dell’83 o della Sessione XXII
tridentina) che non sembra esistere…
La perizia canonistica sta forse
cedendo definitivamente sotto il peso dei viaggi transatlantici e dei lunghi
drappi?
Conclusioni
Chiediamo non solo che le disposizioni della Segreteria di Stato siano formalmente corrette per maggiore
chiarezza (sebbene non si possa mettere in dubbio la validità), ma che
rimangano vive le intenzioni affinché San Pietro sia sempre più un modello di
convivialità e di santità, di solidarietà e di comunione. Il modello della
Chiesa di cui facciamo parte non vuole ispirarsi alle “celebrazioni individuali”
ma alla forma di comunità di battezzati, religiose, religiosi e chierici
che lavorano presso i Palazzi della Curia romana. Questi, infatti,
formano una comunità di lavoro per il bene della Chiesa e devono essere e
rimanere un modello di comunità e di comunione, di solidarietà e di sinodalità,
e non un meschino e sterile rimando all’individualismo e al clericalismo.
Allora, parafrasando il cardinale Zen e contro le sue intenzioni, va ribadito a chiare lettere: “via le mani sacrileghe” dalle mura della Basilica di San Pietro e dalla partecipazione viva nella Chiesa cattolica.
Noi sosteniamo la Riforma, sosteniamo la tradizione sana, il cattolicesimo, il Concilio
Vaticano II, e, per questo, sosteniamo la Segreteria di Stato e le sue disposizioni.
Ora dunque c’è bisogno di tre
cose: a) che i fedeli tutti sostengano la Segreteria di Stato per aver dato
delle direttivi utilissime a conservare e stimolare il senso di comunità e di appartenenza
cattolica; b) che canonisti e liturgisti la smettano di essere preoccupati accademicamente e di continuare a scrivere in posizione neutra solo su disquisizioni formali; c) che i canonisti incensati riformulino le
posizioni giuridico-amministrative e rivedano il loro spirito sinodale
e collegiale, per non rimanere ingessati nelle proprie vesti, sebbene color
porpora…
Fermarsi alla bellezza delle
logge di Raffaello impedisce di aprire i cortili nello spirito della Riforma.
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