Gli IdR non sono di “serie B”



Mercoledì 16 giugno 2021, l’amico e collega Rosario Fraioli ha pubblicato un lungo post Facebook sul ruolo dell’Insegnante di Religione (IdR) in Italia e sui pregiudizi che accompagnano spesso il suo operato concludendo con un perentorio e condivisibile invito. Scrive: «quando sentite parlare di questi insegnanti di religione, abbiatene lo stesso rispetto e la stessa considerazione. Perché la dignità non può essere considerata un semplice: “ma tanto di cosa parliamo”…».
Un altro bell’articolo di Andrea Grillo[1] ha riproposto la questione del Concorso per gli IdR e ha riflettuto adeguatamente sulla “precarietà”; sul concorso avevamo già dibattuto (sia Andrea Grillo[2] che io[3] e non siamo stati i soli, soprattutto per un tema caldo come quello del concorso[4]).
Ora vorrei tentare di mettere insieme la necessità di avere una buona professionalizzazione degli IdR, una posizione disciplinare di non-discriminazione ovvero di inclusione, e il riconoscimento dell’anzianità di servizio per il prossimo concorso.
Credo che siano elementi che vadano in qualche modo letti insieme.

 

Umberto R. Del Giudice

 

Lo sfogo degli Insegnanti di Religione

Sorrisini, battutine, sarcasmi, discriminazioni, sono atteggiamenti che spesso travolgono (non solo accidentalmente) gli IdR e non solo nei corridoi. Il bel post di Rosario Fraioli ne è un’ennesima testimonianza. E siamo tutti stanchi, tutti colpiti: perché anche qui vale la regola (ed è il caso di dirlo): toccate uno di noi, toccate tutti.

A tutti i sarcastici basterebbe far notare alcuni elementi: “riscaldare la cattedra” è un vizio non molto diffuso ma che può colpire tutte le categorie di insegnanti e di qualsiasi disciplina. Non è un virus contagioso ma sicuramente non colpisce gli insegnanti di una sola disciplina. Va fatto notare anche che i pochi, pochissimi insegnanti stanchi, demotivati, metodologicamente fermi alla riforma del 1923 (per non dire altro) possono essere meteore impazzite appartenente a qualsiasi disciplina.

A chi però è sarcastico o anche a chi, come IdR, fa ancora un po’ di confusione rispetto allo statuto della propria disciplina, va fatto notare anche che la valutazione comprende una serie di elementi che si riferiscono alla metacognizione ben oltre i saperi e i contenuti; che la valutazione è oggettiva ma soprattutto soggettiva; anzi è una verifica intersoggettiva dell’attività di apprendimento che coinvolge, senza soluzione di continuità, il discente e il docente. E in questa dinamica valgono più le relazioni e le competenze umane che quelle disciplinari. Perché è nelle relazioni che si insegna e si impara.

Va fatto notare che, nonostante le ultime prese di posizione politiche, in una scuola sempre più “aziendalizzata”, le competenze “umanistiche” (non solo le discipline umanistiche ma le competenze umanistiche generali) sono sempre più a capo delle attività didattiche dell’IRC e spesso descrittive degli obiettivi specifici di apprendimento propri di questa disciplina.

Va fatto notare che, a distanza di anni, ancora troppo pochi insegnanti progettano per UdA (unità di apprendimento) e chi lo fa spesso mantiene ancora il presupposto delle vecchie UD (unità didattiche) il cui centro erano i saperi e il docente.

A tutti va fatto notare, inoltre, che per l’IRC ci sono delle Indicazioni nazionali sia per il primo che per il secondo ciclo come per tutte le altre discipline.

Va fatto notare ancora a tutti, che l’IRC è aperto a tutti coloro che vogliono avvalersi di un corso che proponga loro il patrimonio culturale, storico e teologico dei princîpi del cattolicesimo e non chiede nessun tipo di professione di fede. Anzi, a nessun IdR è lecito (vista la salvaguardia della libertà di coscienza nell’ambito delle finalità della scuola e non solo) chiedere la professione di fede a meno che lo studente non lo faccia di propria spontanea volontà; tanto meno è lecito spingere verso una scelta di fede.

Va fatto notare che l’IRC non è catechismo. Sebbene vi sia complementarità tra le due forme di educazione la distanza rimane reale e abissale: l’IRC è ordinato alla sintesi culturale e umanista ed è associata alle finalità proprie della scuola italiana (la formazione integrale della persona); il catechismo è ordinato alla preparazione per la celebrazione dei sacramenti o alla formazione permanente dei fedeli.

 

Un insegnamento accademico ed educativo

Il post di Andrea Grillo dal titolo La religione precaria... e già citato ci aiuta a riflettere sul “precariato” in modo particolare degli IdR. Per essi appare forse una «una duplice precarietà del docente IRC: sia nei confronti della Chiesa, sia nei confronti dello Stato».

La questione è ardua soprattutto se ripensata alla luce del possibile prossimo concorso ordinario e che mette a confronto due diverse competenze giuridiche, quella dello Stato, appunto, e quella della Chiesa.

Ma vorrei soffermarmi soprattutto sulle prime due tesi proposte dal post di Grillo:

«1. La presenza di una “formazione teologica” all’interno della scuola pubblica è una opportunità che non contraddice la laicità dello Stato.

2. La tradizione cristiana e cattolica, che è oggetto dell’insegnamento, ha una forma scientifica di comprensione e di ricerca che ha statuto accademico».

Sono due principi che sfuggono a molti, a moltissimi insegnanti delle altre discipline e avolte anche a IdR che si sentono non soddisfatti, e spesso a ragione, del loro “statuto” particolare.

In realtà, un approccio scientifico (ovvero, umanistico, storico, culturale, non ideologizzato) di qualsiasi disciplina non può che accettare le tesi appena esposte. L’IRC ha un suo statuto accademico, e quindi educativo, e l’IdR propone una “sintesi culturale” (come già nel 1991 ebbero a dire i Vescovi italiani) di realtà inerenti alla dimensione religiosa e non solo (è impossibile distinguere nettamente il patrimonio storico-teologico dell’Italia e dell’Europa da quello filosofico, umanistico, letterario, artistico, giuridico e addirittura filologico…).

Per questo, competenze teologiche miste a quelle storiche, culturali, linguistiche, filosofiche finanche scientifiche, sono la base di ogni IdR.

È dire poco?

Forse molti colleghi attuali hanno in mente il proprio Insegnate degli anni 80: ante Accordo e ante Indicazioni didattiche nazionali... Bisogna rispoelverare un po di storia contemporanea e di legislazione scolastica...


Professionalizzazione e Concorso ordinario

Ora è indubbio che per molto tempo la tendenza paternalistica di alcuni ambienti cattolici, quella reazionaria di alcuni ambienti civili, quella apologetica di alcuni ambienti curiali e quella catechistica di alcuni IdR abbiano oscurato la vivacità e la ricchezza dell’IRC. L’Intesa del 2012 e le relative indicazioni nazionali per il secondo ciclo hanno voluto accelerare il passo sulla professionalizzazione degli IdR. Oggi non puoi insegnare Religione se non hai fatto un aggiornamento (se sei hai insegnato almeno per 180 giorni consecutivi dal 1° settembre 2017) o hai sostenuto esami come Didattica generale, Metodologia e Didattica dell’IRC, Teoria della Scuola, Legislazione scolastica; a tutto questo va aggiunto un Tirocinio di almeno 100 ore… Esami professionalizzanti che vanno a delineare la figura accademicamente già formata dei Laureti in Teologia o in Scienze Religiose.

Un concorso ordinario certo non può non tener conto di anni pregressi di attività didattica. Sarebbe uno schiaffo moltiplicato per ogni lavoratore di fatto misconosciuto per il suo lavoro e nel suo diritto.

Tuttavia, un concorso può aiutare a che la professionalizzazione degli IdR sia sempre più qualificata e riconosciuta.

Bisogna che il bando sappia mettere insieme le due cose, anzianità e professionalità. E per questo che aspettiamo fiduciosi il bando affinché continui il cammino per essere riconosciuti e riconoscibili.

 

 



[1] A. Grillo, La religione “precaria” e i concorsi pubblici: dov’è finita la parità di trattamento?, 17 giugno 2021: http://www.cittadellaeditrice.com/munera/la-religione-precaria-e-i-concorsi-pubblici-dove-finita-la-parita-di-trattamento/

[2] A. Grillo, “Senza rispetto” per gli insegnanti di religione: ma il Ministro Azzolina con quale vescovo ha parlato?, 20 dicembre 2020: https://www.cittadellaeditrice.com/munera/senza-rispetto-per-gli-insegnanti-di-religione-ma-il-ministro-azzolina-con-quale-vescovo-ha-parlato/

[3] U.R. Del Giudice, Il concorso del paradosso e i numeri precari tra trasparenza e avanzamento professionale, dicembre 23, 2020: https://theoremi.blogspot.com/2020/12/il-concorso-del-paradosso-e-i-numeri.html

Commenti

Post popolari in questo blog

Lourdes, Fatima e Medjugorje: un cambio di paradigma teologico?

Sinodo finito. Sinodo iniziato?

I "castighi" dell'atto di dolore: confondere formule, tradizione e coscienze