La nomina degli “economi” di Bologna: una rivoluzione?
Le notizie si rincorrono quando sembra che la Chiesa faccia passi avanti. La nomina dell’Economo per la Diocesi di Bologna da parte di mons. Zuppi ha fatto scalpore, ma dovrebbe essere normale avvicendamento...
Umberto R. Del Giudice
Da qualche giorno rimbalza sulle pagine di molti giornali la
notizia che mons. Zuppi, arcivescovo di Bologna, ha nominato “due imprenditori
laici” come amministratori della Diocesi.
Alcune precisazioni andrebbero fatte e basterebbe che i
colleghi giornalisti leggessero meglio il comunicato
che appare sul sito della Diocesi.
Non si tratta di “amministratore diocesano” (che è ben altra
cosa). A Bologna le nomine riguardano un Economo e una Vice-economo.
In realtà non si potrebbe neanche dire che l’Economo della Diocesi
di Bologna sia un “laico” poiché, “don” Giancarlo Micheletti, oltre ad essere
ingegnere ed ex manager, è un diacono, quindi un “chierico”.
Non si tratta di una scelta del tutto controcorrente né è la
prima in Italia: ci sono stati precedenti come a Brescia,
ancor prima a Savona,
anche se a fare più notizia fu la nomina della economa
della Diocesi di Padova, proprio perché donna.
In realtà il Codice di Diritto canonico non impedisce
affatto che l’economo sia “laico”, né stabilisce il genere (cfr. can. 494): su
questo fa un passo in avanti rispetto alla codificazione precedente. Il Codice del
’17, infatti, al can, 1521 §1, così recitava: «[…] Ordinarius loci in administrationem bonorum […] assumat
viros providos, idoneos et boni testimonii…».
Erano dunque escluse le donne da questo incarico non gli
uomini (laici) anche se, nella pratica, i “boni viri” erano sempre chierici.
In ogni caso, va sottolineato che il Direttorio Apostolorum
Successores del 9 marzo 2004 al n. 192 citava diaconi permanenti e laici
(senza specificare il genere – e non si vede perché l’avrebbe dovuto fare…) ricordando
la possibilità di investire questi soggetti della nomina di “economo” superando
forse alcune riserve mentali o almeno ricordando che vi fossero tali possiblità.
Sono le “competenze in economia” che servono (come ribadito anche nella Presbyterorum
Ordinis ai nn. 17.21), non l’ordine sacro.
Forse maggiore risalto si sarebbe dovuto avere se l’Economa
fosse stata proprio Sabrina Gruppioni.
In realtà, sia la dott.ssa Gruppioni che don Micheletti facevano
già parte dell’Ufficio di economato diretto da mons Nuvoli rispettivamente nell’incarico
di Responsabile della governance e di Vice-economo: si tratterebbe dunque di un
sano avvicendamento dopo le dimissioni di mons. Nuvoli per raggiunti imiti di
età.
Allora qual è la notizia? Due sono le possibili risposte.
Da una parte certa stampa che, bisognosa di cercare il “pezzo”,
non vede l’ora di cavalcare l’onda dell’epoca bergogliana per vedere qualche “clik”
in più.
Dall’altra è, al contrario, la possibilità che qualcuno
cavalchi queste notizie solo per creare confusione e per creare l’immagine di
una Chiesa bolognese che voglia per forza “scompigliare” le carte: in altre
parole, se mons. Zuppi è già stato attaccato da più parti per le sue scelte,
questa potrebbe essere un pretesto in più per qualcuno di additarlo come “modernista”.
Chiarisco: non è che la scelta dei nuovi responsabili dell’ufficio di economato
non sia da apprezzare; e non è neanche meno importante che mons. Zuppi abbia dato prova di
valorizzare più le competenze che gli abiti talari; insomma, non è che non si debba dare
una notizia del genere. Ma la scarsa conoscenza del Diritto canonico e della
nuova autocomprensione ecclesiale può far gioire troppo qualcuno per qualcosa che già
c’era, spaventare qualcun altro inutilmente e servire ad altri per un inutile e
mostruoso attacco tradizionalista.
Alcune possibilità di collaborazione ecclesiale da parte dei laici (uomini e donne) vi sono già: allora se fa notizia la nomina di Bologna e perché la mentalità di chi guarda la Chiesa dal di fuori e di chi conserva la nostalgia di tempi sacrali, impedisce di vedere l'oggi della Chiesa, così come già si manifesta. Anche se c'è bisogno di ulteriori passi avanti.
In ogni caso, è chiaro, la notizia fa gioire: la Chiesa deve sempre più badare a competenze ed abilità e sempre meno ai titoli (ecclesiastici). Questa è la strada giusta.
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