C’erano due polacchi e due tedeschi




In ricordo di mons. Grocholewski: tra necessità fondative e ragionevolezza canonistica. Un canonista in forte continuità fondativa con l’impostazione del papa polacco, del papa tedesco e del fondatore della Scuola di Monaco pur nella viva autonomia di pensiero in riferimento alla dinamica della ragione giuridica.

 


Umberto R. Del Giudice

Con il Cardinale Zenon Grocholewski[i] scompare un esponente della canonistica che ha rivestito molti incarichi e che ha dettato, a suo modo, una visione del Diritto canonico che potremmo definire legata alla “dottrina” più condivisa.

Il Cardinale polacco si è mostrato sempre molto vicino alla sensibilità pastorale nonché dottrinale del Papa conterraneo: fu proprio Giovanni Paolo II a volerlo vescovo e poi cardinale.

Ma è inutile ricordare che la continuità col pensiero (fondativo) di Wojtyla rispetto al fenomeno della dimensione giuridica nella comunità ecclesiale era anche continuità col pensiero di Ratzinger.

Tuttavia, si può dire che se da una parte vi è continuità di pensiero rispetto al momento fondativo e fondante del Diritto canonico, dall’altra vi è autonomia nello sviluppare l’articolazione della logica giuridica e della dinamica canonistica.

 

Mons. Grocholewski ha difeso in modo costantemente almeno tre idee per lui fiondati e fondamentali del Diritto canonico che potremmo sintetizzare così:

a)   la necessità di ribadire la piena continuità tra diritto naturale e legge a partire dal concetto di “persona” e di “dignità umana”;

b)   la necessità di riconoscere nella logica canonistica il diritto sostanziale alla difesa e della sua tutela come diritto di ciascun fedele[ii];

c)    la necessità di riconoscere alla giurisprudenza una continuità e uno sviluppo di quanto voluto dal legislatore.

 

Sviluppando queste tre idee, sempre legato alla “dottrina” woytiliana e ratzingeriana, mons. Grocholewski è stato insignito di vari riconoscimenti accademici “honoris causa”.

 

Con mons. Grocholewski si può dire, dunque, che si spegne un altro esponente di quella canonistica legata all’interpretazione della Scuola di Monaco. Si spegne un esponente a cui vanno riconosciuti meriti e onore; ma non si spegne una certa interpretazione che va, quantomeno, ripensata, riletta e reinterpretata.

 

Alcuni chiarimenti

La linea interpretativa canonistica (e fondativa) di mons. Grocholewski era quella di Giovanni Paolo II[iii] e di Benedetto XVI[iv]. Dal primo, soprattutto, mons. Grocholewski ricavava dottrina filosofica e teologica[v]. Ma entrambi questi due pontefici (e, per quanto riguarda Ratzinger, ben prima del pontificato) abbracciano, in un modo o nell’altro, le linee fondanti della Scuola di Monaco.

 

L’approccio di tale “Scuola” deriva da quello del suo “fondatore”, Klaus Mörsdorf, ed è ancora ritenuto attendibile poiché essa fonderebbe

 

«la specificità del Diritto canonico sulla natura sacramentale della Chiesa»

 

Il merito di Mörsdorf sarebbe poi quello di

 

«aver elaborato un preciso locus theologicus per il Diritto canonico e di averne sviluppato un sicuro, persuasivo fondamento teologico»[vi].

 

Lo stesso papa Benedetto XVI ricordava, in continuità con la Scuola di Monaco, che

 

«lo ius ecclesiæ non è solo un insieme di norme prodotte dal Legislatore ecclesiale per questo speciale popolo che è la Chiesa di Cristo. Esso è, in primo luogo, la dichiarazione autorevole, da parte del Legislatore ecclesiale, dei doveri e dei diritti, che si fondano nei sacramenti e che sono quindi nati dall’istituzione di Cristo stesso»[vii].

 

Tale impostazione ha fatto fiorire la convinzione che vi fosse immediata continuità tra “Cristo” e la sua figura come “Legislatore”.

 

In questa prospettiva, e nella consapevolezza che la “persona” sarebbe tale (solo) in quanto visione ed espressione della volontà divina, il concetto personalistico di fondo appare molto idealistico.

 

In questi due elementi bisognerebbe ravvisare il limite di un’impostazione “vocazionale” e “idealista” dell’istituzione del Diritto canonico (espressione dell’ordine “naturale” voluta da Dio”) e del concetto di “persona”.

 

Ma mons. Grocholewski ha saputo equilibrare presupposti fondativi con “il” presupposto conciliare: la “comunione ecclesiale”[viii].

 

Ciononostante, i limiti sul piano fondativo di una impostazione “tutta teologica” appaiono evidenti.

Tuttavia, la vera abilità di mons. Grocholewski è stata quella di ragionare col e nel Diritto canonico in modo comparativo rispetto ai presupposti della ragione giuridica in generale: diritto alla difesa, interpretazione, sostanzialità del lavoro degli operatori della giustizia (dal magistrato al notaio)[ix]; e questa attenzione di mons. Grocholewski è stata davvero un insegnamento luminoso e illuminante[x].

Una lezione che, dal punto di vista della logica giuridica e dell’interpretazione canonistica, non va dimenticata.

 

Vero è che l’impostazione di fondo della Scuola di Monaco e del personalismo idealista va rivista e ricompresa[xi]. In realtà lo stesso mons. Grocholewski avvertiva che, se da una parte

 

«il diritto nel mistero della Chiesa ha quasi funzione di sacramento cioè di segno di quella vita soprannaturale del cristiano, che indica e promuove», dall’altra «non tutte le norme giuridiche sono emanate per favorire direttamente il fine soprannaturale o la cura pastorale»[xii].

 

Un equilibrio che va sempre conservato e approfondito.

 

E questo è un lavoro che tocca ai canonisti e ai teologi, per far buona memoria di chi ha saputo lavorare nella vigna della canonistica, come mons. Grocholewski.

 



[ii] Cfr. Z. Grocholewski, La tutela dei diritti dei fedeli e le composizioni stragiudiziali delle controversie, in Quaderni di diritto ecclesiale, VIII (1995), 273-286.

[iv] Sul concetto di diritto naturale e canonistica si veda: http://www.iusecclesiae.it/sites/default/files/2%20Grocholewski.pdf

[vi] L. Gerosa, Teologia del Diritto canonico, 118.

[viii] Cfr. Z. Grocholewski, Aspetti teologici dell’attività giudiziaria della Chiesa, in AA.VV., Teologia e Diritto canonico, Città del Vaticano 1987, 195-208; in particolare 197-199.

[ix] Per mons. Grocholewski la dissonanza della giurisprudenza canonistica è dovuta all’imperizia degli avvocati, dei difensori del vincolo e dei giudici dei tribunali periferici, più dediti all’improvvisazione personale che dottrinale, pronti ad abbracciare tesi spesso lontane dalla tradizione dottrinale e comune della giurisprudenza canonistica. Z. Grocholewski, Cause matrimoniali e modus agendi dei tribunali, in Ius in vita et in missione Ecclesiæ. Acta Symposii Internationalis Iuris canonici occurrente X Anniversario promulgationis Codicis Iuris Canonicis diebus 19-24 aprilis 1993 in Civitate Vaticana celebrati, Città del Vaticano 1994, 953-959.

[xi] Sul concetto di diritto naturale e Chiesa si veda: http://www.totustuus.it/La-legge-naturale-nella-dottrina-della-Chiesa/


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