Fiducia supplicans: breve nota sulle note di alcune Conferenze episcopali
La strumentalizzazione
di alcuni giornalisti offusca la vera posta in gioco: non lo scontro “contro
Bergoglio” ma i contesti culturali e le tradizioni socio-religiose fanno da
sfondo alle Note di alcune Conferenze episcopali. Ogni cultura ha propri tempi e propri spazi e ha bisogno di gradualità per comprendere ciò che accade in altri spazi e in altri tempi. Ma la dottrina non va confusa con la cultura.
Umberto Rosario Del Giudice
Nelle ultime
settimane, e dopo la pubblicazione di Fiducia
supplicans, da varie Conferenze episcopali sono state pubblicate delle Dichiarazioni (Note o Comunicati), la maggior parte delle quali tese a confermare
la lettura della Dichiarazione del Dicastero per la dottrina della fede, per la
quale la “benedizione pastorale” non vale come riconoscimento di un “matrimonio
per le coppie dello stesso sesso”, o a ribadire la totale esclusione delle “coppie
dello stesso sesso” dalla vita sacramentale.
Evidenze
Se le
Conferenze episcopali devono intervenire per ribadire le stesse categorie della
Dichiarazione è evidente che i “fedeli” non sono abituati a leggere i documenti
nella loro prima fonte.
Molte testate
giornalistiche hanno strumentalizzato tanto la Dichiarazione del Dicastero quanto
le dichiarazioni delle Conferenze.
In alcune
zone del mondo la tensione sociale sui temi relativi alla “omosessualità” o al “sesso”
in genere è altissima ed è confermata dalla “illegalità” degli atti omosessuali
o della condotta omosessuale che può essere sanzionata financo con l’ergastolo.
Una breve panoramica: i casi della chiesa polacca, ungherese e congolese
Alcune Conferenze episcopali hanno pubblicato vari chiarimenti. Qui segnalo le note di quella polacca, di quella ungherese di quella congolese.
Qualche dichiarazione è stata "pubblicizzata" in modo erroneo. È il caso del Comunicato della Chiesa polacca citata da qualche sito col titolo improprio: “L’episcopato polacco vieta la benedizione delle coppie gay e si unisce alla ‘ribellione’ contro la Fiducia supplicans”. Vi è ribellione? Non proprio. Vi è incapacità culturale di mediare un messaggio profondo, quello evangelico che non si confonde semplicemente e immediatamente con il livello cuturale e morale.
Il Comunicato
più che vietare benedizioni propone una sinossi tra la Nota del 2021 e l’attuale
Dichiarazione e ribadisce che tanto la Dichiarazione quanto la Nota del 2021 affermano
che «non è escluso di benedire singole persone con tendenze omosessuali che
manifestano il desiderio di vivere nella fedeltà ai disegni rivelati di Dio,
come insegna la Chiesa».
È bene anche
ricordare che ad oggi lo Stato polacco è uno degli ultimi cinque paesi
appartenenti all’Unione Europea a non avere alcuna legge sulle unioni civili o
sulle coppie di fatto assieme a Romania, Bulgaria, Lituania e Slovacchia. Il contesto socio-politico polacco è poi ben noto.
La Nota della Conferenza episcopale ungherese è ancor più esplicita. Essa, considerando la situazione pastorale del Paese, ribadisce che le persone vanno benedette individualmente “indipendentemente dalla loro identità di genere e orientamento sessuale” e di evitare sempre benedizione di coppie (sia irregolari che dello stesso sesso). Va ricordato che in Ungheria solo nel 1961 il reato di omosessualità è stato depenalizzato ma alcune leggi contro l’omosessualità sono rimaste in vigore fino al 1978. La tensione e l'inclinazione politica anche di questo Paese sono risapute.
La Nota (ovvero
una “mise au point”, un chiarimento, un commento…) della Conférence
Episcopale Nationale du Congo (CENCO) va considerata per quel che è: il
tentativo di non creare confusione nel comparare la benedizione per le coppie “irregolari”
o di quelle composte da persone “dello stesso sesso” al sacramento del
matrimonio. Per tale motivo, dunque, la CENCO, preoccupata della reazione di
numerosi fedeli, dichiara di voler confermare i valori “cristiani e africani” e,
per questo, dicono “di no alle benedizioni per le persone dello stesso
sesso”.
Va evidenziato che la nota
della CENCO afferma che la Chiesa congolese rimane fedele al papa e “alle proprie
tradizioni” (“nos prenons aussi dans nos cultures”) e per questo non
vuole introdurre la benedizione per evitare “confusioni”.
La stessa
nota ribadisce la doverosa assistenza coi beni spirituali (ex cann. 213 e 1170)
garantita a tutti e di non impartire “benedizioni” in contesti liturgici alle
coppie eterosessuali, sebbene stabili, ma irregolari.
A me appare
chiaro che l’ambito in cui si può leggere questa Nota della CENCO è quella
delle “tradizioni locali” e di evitare “confusioni” in un contesto che vive di profondi tabù.
Va ricordato
che in 32 paesi africani (su 54) l’omosessualità è ancora “illegale” e le
punizioni vanno dalla sanzione amministrativa all’ergastolo (come il caso della
Sierra Leone e dell’Uganda). In molti altri Stati l’omosessualità non è
illegale giuridicamente ma de facto. Dalla sua indipendenza il Congo non ha ritenuto mai l'omosessualità illegale ma vive di tradizioni radicali e radicate rispetto alla sessualità: ragion
per cui si comprende la Nota della CENCO.
Anche altre
Conferenze episcopali nazionali in Africa hanno rifiutato le benedizioni per le
coppie dello stesso sesso (Malawi, Zambia, Camerun, Costa d'Avorio, Togo,
Ruanda, Angola e Sao Tomé).
Ma va
ricordato anche le rispettive pene previste in questi paesi in caso di
omosessualità: in Malawi e
nello Zambia fino a 14 anni di prigione; in Camerun fino a 5 anni; in Togo l'omosessualità è illegale con pene
fino a 3 anni di carcere; in Angola l’omosessualità non è illegale solo dal 2021. In
Ruanda non è illegale ma è “argomento tabù”, come in Costa d’Avorio (Paese a
maggioranza islamica, ex colonia francese che non ha ereditato, come il Congo,
le leggi francesi sulla “sodomia”).
In Sao Tomé il
Codice penale, entrato in vigore nel 2012, non penalizza gli atti omosessuali
ma nello stesso tempo non riconosce né unioni civili né altre forme di tutela
per le coppie omosessuali.
In altre
parole, per tutte queste Conferenze episcopali africane (ovvero subsahariane) l’intenzione è la
stessa: evitare il rischio di confusione e di scandalo in una società che vive di radicati tabù e non solo rispetto alla omosessualità.
Conclusioni
Sembra
opportuno, dunque, ricordare che prima di sbandierare le Note dei Vescovi come “dichiarazioni
contro Bergoglio”, i giornalisti, gli studiosi e gli amanti delle chat
sui social, farebbero bene a controllare le fonti e i contesti culturali.
È chiaro, infatti,
che ogni contesto culturale e ogni tradizione ha bisogno di tempi e di spazi
per comprendere ciò che accade in altri spazi e in altri tempi.
Questo non toglie che le indicazioni del Dicastero non siano state fraintese o ridimensionate. La reazione di alcune conferenze dice la diversità culturale più che dottrinale di alcuni approcci.
Nessuno vuole che i Paesi subsahariani comprendano il contesto europeo. Ma nessuno può volere che la dottrina passi solo dalla percezione culturale, animista e totalizzante, dei Paesi subsahariani o di quelli dell'est Europa.
[Nota: la
panoramica presente potrà richiedere aggiornamenti]
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