Gli uomini della sua benevolenza
I miei più sinceri auguri
Δόξα ἐν ὑψίστοις θεῷ καὶ ἐπὶ γῆς εἰρήνη ἐν ἀνθρώποις εὐδοκίας.
Questo
versetto (Lc 2,14) l’abbiamo tradotto così:
«Gloria
a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama»
È la lode
che il vangelo secondo Luca narra essere l’acclamazione degli “angeli” (οἱ ἄγγελοι).
È noto
che questo versetto si potrebbe scomporre per coppia
gloria |
pace |
a Dio |
agli uomini |
nell’alto dei cieli |
in terra |
È un’acclamazione,
ovvero un’affermazione, e il verbo sottinteso non è un congiuntivo (ottativo in
greco) ma un presente (indicativo in greco) assertivo (non sia ma è).
Non si
tratta di un augurio ma di un’asserzione. Per i cristiani la salvezza è entrata
nella storia sebbene sia ricordato nel suo momento iniziale (la nascita) che
rimanda tuttavia ai segni della Pasqua cruenta (i panni con cui si adagia il
bambino nella mangiatoia rimandano alle bende in cui è adagiato il corpo del
crocifisso…).
Ma
negli ultimi anni si è fatto un gran parlare di quel “εὐδοκίας” (cornice delle
coppie di cui sopra): gli uomini sono amati, sono di buona volontà (come
traduceva alla lettera al Vulgata…)? In realtà, gli uomini da questo momento sono
riconosciuti tutti “figli della buona volontà di Dio”, ovvero “figli della
benevolenza di Dio”, “figli della dolcezza e della tenerezza di Dio”.
Ecco perché
questo canto che risuona stasera nel “grande giorno di Natale” non è un augurio
ma una certezza.
Davanti
a questa “meraviglia della salvezza” tutti tacciono, rimangono senza parole… e
il “canto degli angeli” introduce alla meraviglia davanti alla quale ogni
intelligenza tace, anche quella degli angeli.
Il
Natale è il santo giorno della tenerezza di Dio in cui tutti, consapevoli o non,
viviamo. Non c’è spazio dell’umanità, anche quella ferita, malata, ghettizzata, dimenticata... che non sia entrata a far parte dell’intimità di Dio.
Santo Natale, and merry Christmas.
Umberto Rosario Del Giudice
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