IRC e catechismo: perfetta continuità?

 




La relazione tra IRC e catechismo non è un “mistero”: si tratta di due insegnamenti diversi, per finalità e metodo. Non è possibile che qualche Direttore di Ufficio per la Pastorale scolastica confonda ancora le due realtà.

 


 

Umberto Rosario Del Giudice


Da pochi giorni il Ministero della Funzione Pubblica ha autorizzato il Miur ad avviare le procedure per il doppio concorso, uno per infanzia e primaria, l’altro per secondaria. Alcuni siti ne rilanciano la notizia con solito riferimento alle inascoltate attese dei Sindacati.

Le notizie sono subito rimbalzate sui social e qualcuno ha voluto condividere le sensazioni e le esperienze.

Ne cito una, non per entrare nella querelle rispetto al concorso ordinario ma per riflettere sulla professionalizzazione dei Docenti di IRC (insegnamento religione cattolica).

Gli IdR (Insegnanti di Religione) giovani hanno seguito un percorso estremamente professionalizzante; gli IdR precari e anziani hanno guadagnato dalla loro stessa esperienza sul campo quella professionalizzazione che nessun titolo può dare.

Una collega giovane mi ha però riportato una frase di un Direttore di un Ufficio per la Pastorale scolastica, il quale le avrebbe detto che “al di là dei titoli e delle esperienze professionali” un’altra persona “catechista” avrebbe più diritto di lei a qualche ora di IRC.

Ricordo, per inciso, che l’Ufficio per la Pastorale scolastica, delegato dall’Ordinario del Luogo, è competente per la verifica dei titoli al fine di redigere la lettera di presentazione (non è una “nomina”) al Dirigente scolastico che dovrà stipulare un contratto secondo i vari casi: a tempo determinato, con o senza ricostruzione di carriera, o di supplenza fino al termine delle lezioni. La citazione nella lettera di presentazione è relativa a incarichi conferiti al personale in possesso del titolo di studio di cui agli articoli. 4.2.1, 4.2.2, 4.3.1 e 4.3.2 dell’intesa allegata al D.P.R. n. 175/2012. In altre parole, chi deve verificare che i titoli e (per chi ha iniziato a insegnare dopo settembre 2017) il curriculum professionale siano quelli previsti dalla legge è l’Ufficio per la Pastorale scolastica. In nessun caso, c’è un riferimento a incarichi di “catechesi”.

Allora, qui l’altra domanda, che relazione c’è tra catechesi e IRC? e che relazione ci dev’essere tra catechisti e IdR?

La risposta è semplice e l’hanno data i Vescovi italiani nel 1991. Della Nota dell’Assemblea CEI riporto stralci del numero 13 intitolato Insegnamento della religione cattolica e catechesi, in cui si legge che l’Accordo del 1984 (grassetto/corsivo mio),

«mentre sottolinea che l’insegnamento della religione cattolica deve essere svolto in conformità alla dottrina della Chiesa, ne indica chiaramente il significato e l’indole specifica inserendolo “nel quadro delle finalità della scuola”.
È questa una precisazione basilare, che permette di distinguere l’insegnamento della religione cattolica dalle altre forme di insegnamento religioso che sono proprie della comunità cristiana, come la catechesi parrocchiale, familiare o dei gruppi ecclesiali.
È vero che tra l’insegnamento della religione cattolica e la catechesi esiste una complementarità e si dà un collegamento perché hanno un contenuto sostanzialmente comune e si rivolgono alle medesime persone[1]. Ma è anche vero che sono ben distinti nelle finalità e nel metodo.
A scuola di religione non si ripete il catechismo, ma si svolgono programmi (oggi diremmo indicazioni didattiche nazionali, ndr) stabiliti in conformità agli obiettivi della scuola e proposti secondo le metodologie proprie dei diversi ordini e gradi di scuola.
L’insegnamento della religione cattolica intende promuovere una ricerca della verità, offrendo agli alunni tutti quegli elementi culturali che sono necessari per la conoscenza della religione cattolica e per l’esercizio di un’autentica libertà di pensiero e di decisione».

Dovrebbe essere chiaro a questo punto che, se la relazione tra IRC e catechesi è complementare, anche la relazione tra IdR e catechisti può essere complementare ma non univoca: anzi, la preparazione culturale dei primi non può confondersi o sostituirsi alle competenze teologiche, spirituali, liturgiche dei secondi. Ci può essere continuità esistenziale e culturale cosicché la stessa persona rivesta entrambe le funzioni: ma non c’è nessun rimando alla necessità che l’uno sia anche l’altro e viceversa.

Da dove i Direttori degli Uffici per la Pastorale hanno preso (o ripreso) l’idea (molto gentiliana) che gli IdR debbano essere anche o soprattutto catechisti?

Misterium pastoralis muneris?

 


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[1] Questa affermazione non corrisponde a realtà (giuridica e fenomenica) poiché gli alunni che si avvalgono dell'IRC possono anche non essere cattolici o essere non credenti, atei o agnostici (probabilisti o improbabilisti...); mentre coloro che seguono catechesi (giovani o adulti) se non si stanno preparando alla celebrazione di un sacramento (preparazione prossima) almeno sono in ricerca. Gli alunni, al contrario (e questa è una realtà diffusissima) si avvalgono dell'IRC per cultura o per curiosità anche senza l'ombra (almeno dichiarata) di fede. Dal punto di vista formale, dunque, i destinatari dell'IRC e della catechesi non possono essere "medesimi".


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