Una Nota verbale. Un passo “im-prudente”?

 


La falsa contraddizione tra libertà di educare (secondo dottrina) e aggravante penale della discriminazione omofoba. Non solo questioni di "parole" ma anche di (false) paure (forse troppo) imprudenti o almeno irrilevanti.





 Umberto Rosario Del Giudice

 

Oggi la Nota Verbale della Segreteria di Stato e la “presa di posizione” del Presidente del Consiglio, Mario Draghi hanno fatto notizia.

Ci sono già vari commenti: Vincenzo Pacillo in un’intervista ha evidenziato l’aspetto un po’ troppo “moderno” dello strumento giuridico; altri, teologi e canonisti, hanno scritto sui propri profili Facebook. I commenti fanno notare come la Nota evidenzi una contraddizione inesistente (tra Concordato e DDL Zan) o come sia frutto di pura paura.

A caldo reagisco.

Credo che il miglior commento sia stato dato proprio dal Presidente Draghi che ha affermato “sono considerazioni ovvie….” riferendosi al suo ribadire che lo Stato italiano è laico. E quasi ovvia anche la presa di posizione della Segreteria di Stato il cui compito, tra gli altri, è quello di ricordare agli organi internazionali di rispettare gli accordi firmati con la Santa Sede.

Ora, lasciando da parte la distinzione che forse andrebbe suggerita per “Stato neutro”, “Stato laico” e “Stato laicista”, “Stato laico non indifferente”, bisogna ribadire due evidenze nella fattispecie: da una parte, c’è uno Stato che vuole difendere i diritti personali, tutelarli ed evitare ogni forma di discriminazione, dall’altra c’è una Chiesa che ragiona come se la difesa dei diritti personali non fosse una ricchezza per la convivenza pacifica e per la tutela della dignità umana e lo fa rimandando al concetto tutto teologico di “rivelazione”.

Se da una parte può essere considerata “prudente” la preoccupazione della Santa Sede che vuole difendere il diritto proprio di “proporre una dottrina” anche con risvolti antropologici, dall’altra “mettere le mani avanti” su di un testo di legge che vuole difendere il diritto di essere tutelati-riconosciuti nella propria identità sessuale e affettiva (oltre che corporea) e senza incorrere in forme di violenza e che vuole introdurre l’aggravante della discriminazione omofoba nel proprio sistema di diritto penale, appare un “passo” molto “im-prudente”, nel senso di un passo non assennato. Se è vero come è vero che la Nota Verbale è uno strumento di diritto internazionale, usato per ben altri argomenti -soprattutto di carattere amministrativo- negli ultimi trent’anni (ad esempio, della edilizia e degli enti ecclesiastici, e degli impegni finanziari), è anche vero che il richiamo nella Nota di oggi della categoria di “rivelazione” è centrale per capire sia il sospetto della Segreteria di Stato sia il suo possibile passo falso.

Nessuno può impedire che la Chiesa predichi e che lo faccia secondo “dottrina” ma la Chiesa rischia di non essere compresa né di comprendere il nocciolo della questione del DDL Zan se introduce in una Nota (strumento giuridico) il concetto antropologico di “differenza sessuale” (concetto ambiguo e problematico "non rivelato") rimandando ad un concetto teologico, e ancor più ploblematico, di “rivelazione”.

Una Nota (verbale ma scritta), una standardizzazione (la “differenza sessuale”) condita di un concetto-scudo di “rivelazione” che può portare in sé, agli occhi di uno Stato laico e non solo, tutto il razionale e tutto l’irrazionale.

Draghi, dunque, ha detto bene: è “ovvio” affermare la laicità del Paese.

Ma è ovvio anche affermare che ci sia un'antropologia presupposta alla dottrina cattolica; e, molti ne sono convinti, questa antropologia (cattolica) non va contro il riconoscimento della tutela della libertà delle persone secondo quanto liberamente dicono e vivono del proprio vissuto (e non solo della propria sessualità). Altro è il pudore, altro è l'ideologia, altro è la violenza (di parole e di pensieri), altro è il naturale percorso della procreazione, altro è il "corpo" in cui si nasce, come altra è l'identità affettiva. Dov'è la "rivelazione"?

Un Nota verbale che non sta attenta ai “verba”, nella (troppa) prudenza rischia una (grande) im-prudenza: l’incomprensione popolare e la sovrapposizione dei concetti e delle emozioni.

Dove accortezza, maturità di consiglio, saggezza prudente?


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