Canonisti incensati e ingessati

 

Sull’intervento del Card. Burke e le disposizioni della Segreteria di Stato


 

Alla cortese attenzione della Prima Sezione - Affari Generali 

Palazzo Apostolico Vaticano - 00120 Città del Vaticano

A mo’ di dedica, di sostegno aperto e di manifestazione dei bisogni dei fedeli

 



L’intervento del Card. Burke circa le disposizioni per le celebrazioni nella Basilica di San Pietro rivelano ed evidenziano le inesattezze sostanziali di un “eccellente canonista” come anche una certa approssimazione. Ai rilievi inconsistenti del Cardinale si contrappongono le cattive ma solo formali abitudini di alcuni officiali oltre che il più preoccupante silenzio di canonisti e liturgisti (con poche eccezioni).



Umberto Rosario Del Giudice

 

Tra disposizioni e reazioni

In questi giorni circolano su internet commenti a mo’ di levata di scudi contro il Comunicato circa le disposizioni sulle celebrazioni nella Basilica di San Pietro della Prima Sezione (Affari Generali) della Segreteria di Stato.

I commenti, come anche le posizioni assunte, appaiono sempre più un attacco frontale al Pontefice poiché, a ben vedere, le questioni sono di natura diversa (pastorale-dottrinale) rispetto a quelle sollevate (giuridico-pratiche).

Si adottano motivazioni “devozionali individualistiche” propinandole come “dottrina definitiva e assoluta” al fine di attaccare tutto l’operato del Pontefice.

Appare chiaro, inoltre, che gli interventi sono più diretti al vasto pubblico che al Pontefice stesso e formulati più per sobillare gli animi che per riflettere col Vescovo di Roma sulla dottrina.

Insomma, se si vuole parlare della dottrina, si faccia pure, ma escludendo animosità, autoritarismo e, soprattutto, ambiguità dottrinale e giuridica con comunicati ricchi di presunzione clericalista e approssimazione ideologica per contrastare la riforma conciliare, saggia e, in parte, incompresa.

Non si sottraggono alla faziosità stizzita gli interventi di alcuni Prelati che, tra l’altro, sono ormai in quella fase in cui una buona dose di preghiera quotidiana comunitaria (e non in veste di “presidente”) potrebbe giovare di più, tanto alla santità della Chiesa quanto alla propria formazione personale.

Ciononostante, i loro interventi diventano preziosissimi perché offrono l’opportunità di riprendere i principi della Riforma e di valutare il quadro normativo tanto sul versante della tradizione che su quello della liturgia: e, com’è noto, le due cose vanno di pari passo.

A ben vedere, è la solita musica scordata: alcuni (pochi) prelati “preoccupati” si fanno araldi di un cattolicesimo stantio, di una religione da museo, di una ritualità clericocentrica e di un individualismo devozionalista, ricamati più coi merletti cremisi che con la vitalità della luce battesimale.

Abbandonate le reazioni emotive (che pure meritano riscontro), bisogna entrare nello specifico in modo sistematico.

Gli interventi scomposti cui faccio riferimento sono in particolare quelli del Card. Sarah e quelli del Card. Burke. Tralasciando le motivazioni del primo (riportate in un comunicato pubblicato su di un blog in esclusiva, già abilmente commentato da Andrea Grillo), ricostruisco in breve il pensiero del Prelato statunitense che, citato insieme ad altri, è ritenuta autorità indiscussa soprattutto dal punto di vista giuridico-canonico e per questo chiamato, dall’ex Prefetto del Culto, “eccellente canonista”.

Tralasciando i titoli e i meriti accademici e la carriera da defensor matrimonii del Card. Raymond Leo Burke (che si addottora in Diritto canonico nel 1984, forse senza avere il tempo di “riposare” tra i canoni e lo spirito del Codex Iuris Canonici del 1983), non si può tacere sul fatto che le sue annotazioni facciano sorgere molteplici perplessità circa la presunta perizia tecnico-canonistica.

Di seguito illustro un personale parere ed entro nel merito dei presupposti canonistici citati da Burke. Concludo con una nota sulla confusione che sembra circolare tra gli estensori di alcuni documenti in Vaticano, sebbene la forma approssimata degli atti giuridici non riesca a sottrarre valore sostanziale e autorevole alle decisioni prese e alla loro opportunità. Insomma, in Vaticano si respira aria di comunità, anche se con atti giuridicamente non impeccabili, mentre altri ambienti sono erroneamente preoccupati del valore giuridico e della opportunità pastorale di quelle indicazioni…

 

L’intervento del Card. Burke

Il cardinale statunitense ha pubblicato in inglese un comunicato che qui mi accingo a raccogliere ed analizzare nella versione italiana, una delle sei traduzioni disponibili sul medesimo sito. Quest’ultimo particolare, tra l’altro, fa cogliere la volontà strategica di far circolare lo scritto di Burke nel modo più vasto possibile piuttosto che cercare il confronto col diretto interessato, il Papa: una prassi poco “collegiale”.

Il comunicato è stato ripreso poi da alcuni siti di informazione con una certa enfasi.

Due gli elementi essenziali del comunicato di Burke che trovano piena adesione da parte mia: a) la Basilica di San Pietro è un modello di disciplina liturgica; b) l’invito, come fedeli, di manifestare le vive preoccupazioni su questioni che riguardano il bene della Chiesa e dunque (“data la gravità della situazione rappresentata” a mio avviso proprio dalle dichiarazioni di Burke, di Sarah, di Zen...) dichiarando appoggio sostanziale alla Segreteria di Stato, in opposizione a quanto chiesto dal Prelato statunitense.

Le considerazioni sarebbero tantissime (soprattutto di carattere liturgico-pastorale). Ma, tralasciando le interpretazioni politico-ecclesiali e dottrinali, riprendo la sostanza dell’intervento del card. Burke cercando di evidenziare in breve alcuni errori giuridici e inesattezze sostanziali che non sostengono la sua competente “eccellenza”.

 

Sintetizzo in pochi punti ciò che è possibile leggere nel Comunicato del Prelato il quale annota ed eccepisce quanto segue DAL PUNTO DI VISTA DEL DIRITTO CANONICO-AMMINISTRATIVO:

  1. Il Documento non è firmato e non riporta numero di protocollo (vero, se si considera solo la copia girata in internet).
  2. Il Documento legifera sulla Santa Messa (falso).
  3. Il Documento è autentico ma non gode di validità in quanto emesso da autorità non competente (falso).
  4. La Basilica Papale di San Pietro in Vaticano ha un Cardinale Arciprete che non è stato interpellato (falso).

 

Il Prelato poi annota ed eccepisce quanto segue DAL PUNTO DI VISTA LITURGICO-PASTORALE:

  1. Il diritto individuale è connesso con il frutto spirituale per la Chiesa universale (impreciso e fuorviante).
  2. Nessun sacerdote di regola ha bisogno di autorizzazione per offrire la Santa Messa secondo la forma straordinaria del Rito Romano (impreciso, fuorviante e, nel caso specifico, falso).

       

Questioni di diritto amministrativo

Il Documento, così come circola in rete, non è firmato e non riporta numero di protocollo. Questo non contraddice l’autenticità dell’atto né la sua validità per ammissione dello stesso Burke.

È vero però che appare molto strano che un documento così importante non sia formalmente ineccepibile. Qui vanno subito notate due circostanze. La prima: negli ultimi mesi sembra aleggiare una certa imprecisione tra i consiglieri canonisti in Segreteria di Stato poiché –fatti di cronaca pura– per molti atti –non solo per questo– sembra faccia fede la sola pubblicazione su Acta e l’affissione all’Albo nel Cortile di San Damaso: procedura alquanto inusuale… In altre parole, per la validità dell’atto basterebbe la sola pubblicazione (all’Albo e nella Rivista ufficiale) senza altre formalità.

L’originale del Decreto, però, per disposizione della stessa autorità è depositato nell’Archivio delle leggi dello Stato della Città del Vaticano e il testo corrispondente pubblicato (appena possibile) sugli Acta Apostolicæ Sedis; nel frattempo il testo è affisso nel cortile di San Damaso alla porta degli uffici del Governatorato e negli Uffici postali dello Stato oltre che essere inviato a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare (con o senza protocollo, sigillo...).

Far circolare (per di più su internet) un documento senza sigillo e senza protocollo non credo sia voluto dalla Segreteria ma un atto deliberato di chi ha divulgato la notizia magari sentendosi defraudato di qualche diritto (individuale). Se poi la Segreteria stessa abbia fatto circolare la Comunicazione in forma “non perfetta”, potrebbe questo essere poco formale e discutibile ma non inefficace dal punto di vista amministrativo. Questo è chiaro a tutti: la forma dell’atto che circola in rete non fa venire meno la performatività oltre che la validità di esso. Tuttavia, la semplicità o anche l’immediatezza con sui si gestiscono alcune questioni è un evidente segno di trasparenza e di serenità, più che di preoccupazione formale e dottrinale. È un bel segno, anche se sarebbe meglio essere precisi nella forma.

Le varie argomentazioni contro, di carattere amministrativo, diventano un infelice tentativo di sottrarre quella validità giuridica che l’atto conserva pienamente e legittimamente.

 

Circa la competenza del Cardinale Arciprete

Burke segnala che non ci sarebbe stata nessuna consultazione col Cardinale Arciprete.

Sebbene sembri poco probabile (considerando lo stile di papa Francesco condotto nel segno della “corresponsabilità”), il dato, dal punto di vista formale, non è rilevante.

Ma c’è di più: una vera spiegazione giuridico-formale. Forse al Cardinale d’Oltreoceano non sarà pervenuta la notizia che mons. Mauro Gambetti, oltre ad avere ben altre e note preoccupazioni in qualità anche di Vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, inizia il suo mandato in questa Settimana Santa come specificato da precedente comunicato stampa. Dunque non poteva formalmente comparire nel comunicato datato 12 marzo.

Qui però c’è da ravvisare un’altra piccola incongruenza canonistica: la Settimana Santa inizia con la Domenica delle Palme (ovvero il 28 marzo) mentre il Bollettino che riporta la data di lunedì 29 marzo non chiarisce il giorno di inizio dell’incarico... Poco male: in ogni caso l’Arciprete eletto non era formalmente tale il giorno della data del Decreto.

Questo dal punto di vista amministrativo-canonico.

E la perizia del Card. Burke si fa sempre meno evidente.

 

Circa la competenza sulla Basilica

È vero che la Basilica è uno modello per tutto il mondo, ma non è vero che le disposizioni del Decreto contraddicano il diritto universale.

Qui il Card. Burke cede all’approssimazione e non è dato di capire se per confondere le idee o per ignoranza giuridica: la sua nota perizia impedisce di pensare a quest’ultima, e la sua devozione non potrebbe far pensare alla prima. Rimane il mistero…

Per diritto universale –se proprio dobbiamo richiamarlo–, ovvero secondo il disposto della Summorum Pontificum ex art. 5 § 5, «nelle chiese che non sono parrocchiali né conventuali, è compito del Rettore della chiesa concedere la licenza» per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962.

Ci chiediamo: in assenza dell’Arciprete della Basilica di san Pietro –che in questo caso è paragonabile almeno giuridicamente ad una Rettoria– chi è competente a rilasciare la licenza? Ovvero: chi è competente per la Basilica di San Pietro? La risposta sembra ovvia: semplicemente il Papa, ovvero chi (nella Segreteria di Stato), col suo parere e mai senza il suo parere, si occupa delle questioni relative la vita nella Città del Vaticano.

Anche sotto il profilo della competenza formale, dunque, il card. Burke è in palese errore.

 

Circa la competenza sulla Liturgia

Il card. Burke si sbaglia e fa cadere in grave errore anche coloro che leggono il suo (ambiguo) comunicato quando eccepisce alla Segreteria di Stato di aver legiferato su questioni liturgiche. Niente di più falso.

La competenza a legiferare su culto, rito, libri liturgici e quant’altro è e rimane della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti. La Segreteria, come sopra riportato, non legifera circa il culto ma entra in merito alla licenza circa il rito extraordinario da celebrare in Basilica di San Pietro.

La Segreteria poi non legifera neanche circa la possibilità o meno di celebrare “con assenza di popolo”. Su questo punto è la Segreteria a rimanere in perfetta continuità col diritto universale mentre il Prelato statunitense rivela di non cogliere neanche la differenza che c’è tra “celebrazione individuale” e la prevista “celebrazione senza il popolo”, pur sempre ministro assistente”. In realtà la celebrazione della Messa, anche quella prevista secondo il rituale del 1962, prevede almeno un ministro, anche solo uno al quale “porgere la berretta”…

Per poi giustificare alcune incomprensibili rimandi evocando angeli e santi, il card. Burke, cita un fantasioso can. 903 (non si comprende se del CIC dell’83 o della Sessione XXII tridentina) che non sembra esistere…

La perizia canonistica sta forse cedendo definitivamente sotto il peso dei viaggi transatlantici e dei lunghi drappi?

 

Conclusioni

Chiediamo non solo che le disposizioni della Segreteria di Stato siano formalmente corrette per maggiore chiarezza (sebbene non si possa mettere in dubbio la validità), ma che rimangano vive le intenzioni affinché San Pietro sia sempre più un modello di convivialità e di santità, di solidarietà e di comunione. Il modello della Chiesa di cui facciamo parte non vuole ispirarsi alle “celebrazioni individuali” ma alla forma di comunità di battezzati, religiose, religiosi e chierici che lavorano presso i Palazzi della Curia romana. Questi, infatti, formano una comunità di lavoro per il bene della Chiesa e devono essere e rimanere un modello di comunità e di comunione, di solidarietà e di sinodalità, e non un meschino e sterile rimando all’individualismo e al clericalismo.

Allora, parafrasando il cardinale Zen e contro le sue intenzioni, va ribadito a chiare lettere: “via le mani sacrileghe” dalle mura della Basilica di San Pietro e dalla partecipazione viva nella Chiesa cattolica.

Noi sosteniamo la Riforma, sosteniamo la tradizione sana, il cattolicesimo, il Concilio Vaticano II, e, per questo, sosteniamo la Segreteria di Stato e le sue disposizioni.

Ora dunque c’è bisogno di tre cose: a) che i fedeli tutti sostengano la Segreteria di Stato per aver dato delle direttivi utilissime a conservare e stimolare il senso di comunità e di appartenenza cattolica; b) che canonisti e liturgisti la smettano di essere preoccupati accademicamente e di continuare a scrivere in posizione neutra solo su disquisizioni formali; c) che i canonisti incensati riformulino le posizioni giuridico-amministrative e rivedano il loro spirito sinodale e collegiale, per non rimanere ingessati nelle proprie vesti, sebbene color porpora…

Fermarsi alla bellezza delle logge di Raffaello impedisce di aprire i cortili nello spirito della Riforma.

 



Commenti

Post popolari in questo blog

Due pesi e due misure? Sul “caso Lintner”

Megafoni e scribi del Magistero ecclesiastico?

Se “theologia gaudia beatorum amplificat”