Palermo-Trieste: chi vigila chi?
A Palermo sospesa la professoressa che non avrebbe vigilato mentre a Trieste è oscurata l'immagine del Capo dello Stato...
Umberto Rosario Del Giudice
Venti di elezioni (europee):
tutti i partiti corrono e concorrono.
Tra questi anche “CasaPound” che
ha debuttato in Municipio a Trieste. Alla fazione (faziosa) politica è stata
concessa la sala Tergeste per il comizio elettorale.
La sala, ordinariamente destinata
alla celebrazione dei matrimoni o delle unioni, è stata “apparecchiata” dai
militanti in vista di quello che è stato definito “comizio”.
In questo “campo di rito civile”,
a “cadere” a colpi di “spostamenti” non sono state soltanto le poltrone ma
anche le bandiere della Repubblica, quella dell’Unione Europea e l’immagine del
Capo dello Stato.
Così le bandiere sono state
avvicinate l’una sull’altra posticciamente a coprire l’immagine di Mattarella.
I movimenti per la ricomposizione
scenografica sono stati accompagnati da commenti che hanno reso esplicito il
“dolo”: uno sgarbo istituzionale.
Potete trovare la notizia qui.
Questi, dunque, i fatti.
Intanto chiediamoci: ma si può, e in che modo, esporre le
bandiere dell’Italia e della UE e l’immagine del Presidente?
Assolutamente sì; ma “a condizione che se ne rispetti il
decoro”! È l’Ufficio
del Cerimoniale di Stato a ricordarlo.
Il concetto di “dignità” rimanda a modi e uso convenienti al
simbolo o alla figura istituzionale.
Mi soffermo solo sulla figura del Capo di Stato giacché è
evidente il fatto che ne sia stata coperta dolosamente l’immagine.
Qui entra in gioco il Codice penale il cui art. 278 recita: “Chiunque
offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la
reclusione da uno a cinque anni”.
L’offesa può rilevare sia l’individualità privata quanto
quella relativa all’esercizio e alle funzioni del Capo dello Stato. In
quest’ultimo caso la dottrina non esita a sostenere che è il particolare
riferito al decoro e all’intangibilità della posizione istituzionale ad essere
in gioco. Per integrare il delitto in questione, inoltre, è sufficiente
qualunque espressione o rappresentazione idonea a menomare il prestigio del
Capo dello Stato. Al tempo stesso è irrilevante accertare se l’offesa sia
arrecata al Presidente della Repubblica in rapporto all’istituzione che
rappresenta. (vedi
breve spiegazione on line). In più non è richiesto il dolo specifico (che in casu appare chiaro) ma basta quello
generico.
Concludendo. Mi sembra che i preposti all’ordine pubblico o
almeno al “decoro” della Sala commettano reato di omissione se non denunciano
l’accaduto poiché, come è evidente, il reato c’è stato ed è palese.
Forse però tra i militanti non ci sono “professori” da sospendere…
Come donna e come femminista (ammesso che ancora abbia qualche senso definirsi così) mi ha sempre affascinata la figura di Maria, Vergine e Madre. Mi sembra che la verginità sia molto di più di quanto banalmente si dice. Non si tratta, infatti, solo di quella trappola che il patriarcato occidentale ha disposto intorno alle donne e al loro corpo - ingabbiando, insieme a loro, del resto, anche i maschi (v. Freud sulla polarità a cui si trova ridotto il maschile nel dover vedere, nella donna, alternativamente, la Madonna o la Prostituta, due identità irrimediabilmente scisse, e, di conseguenza, sia costretto a portare la scissione nella propria stessa sessualità maschile). Anche alcune femministe hanno parlato dell'integrità del femminile come un valore - che è poi l'irriducibilità della natura, della Zoé vs. il Bios -, racchiusa nel tema dell'inviolabilità, dell'incontaminatezza della donna "tota pulchra". Alcuni movimenti femministi degli anni Novanta facevano della verginità una specie di punto d'onore, e non nel senso della regressione a costumi sessuali pre-sessantottini. Si trattava di rivendicare questa forza femminile che fa della castità un richiamo al fulcro prezioso che è in ognuno di noi, e che è irriducibile alla dialettica con l'altro, ma ne è conditio sine qua non. Non una indisponibilità, un conservativo mettersi da parte; quanto, piuttosto, il trovare nell'identità un punto di forza e di differenza. Senza alterità non c'è dialogo. Mi hanno sempre colpita, nelle figurazioni della Vergine, i fasci luminosi che le escono dalle mani - e l'ho anche dipinta questa immagine, e ne ho anche scritto. Questo tema dell'inviolabilità del femminile è naturalmente connesso con quello della maternità: non è contraddittorio essere "vergine" e "madre" - nel materno si esalta quella luce irriducibile del femminile, persino quando il materno rischia di diventare assolutizzante e totalitario - l'abbraccio madre/figlio può essere mortale per entrambi. Infine, richiamavo l'analogo di Maria del pantheon buddhista: Tara (Kuanhin nella tradizione cinese). Una fanciulla tota pulchra, seduta in trono con un fiore di utpala blu in una mano, e con una gamba che si scioglie dall'incrocio per mostrare la prontissima disponibilità ad andare in soccorso degli uomini.
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Paola Nasti